Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Materiali per un Teatro futuro: #4    
sottotitolo : condivisioni III (uno spazio).      
Un editoriale di Virgilio Sieni.
di
     

Il tempo innumerabile fa crescere tutte le cose nascoste, e dissimula quelle che sono visibili
Aiace in Sofocle


1 LA CITTA', IL QUARTIERE
La città nasconde, apre continuamente paesaggi inediti, esprime l'inquietudine positiva di una fare caotico e schizofrenico, nei suoi sentieri apre all'imprevisto, esprime democraticamente l'esserci perché la si può attraversare e camminare, perché si può sostare (anche senza acquistare), è il luogo dove tutti si incontrano e si evitano, s'incrociano, dove i volti si strofinano l'un l'altro e in una mobilità indotta, prestabilita, ribelle, si recupera e si rigenera lo sguardo. Questo essere nella città, non solo provvisoriamente ma umanamente., si nutre di spazi organizzati e aperti dove viene privilegiato il senso dell'elaborazione e del confronto verso quello "che sarà". Il disegno progettuale, che la città inizialmente rifiuta, esprimendo una poetica debolezza, ma anche un'emergenza continua, deve esprimersi nella produzione e la costruzione delle opere che in maniera fragile si dovranno disporre sul territorio; ma non solo. Sarà necessario agire per leggere pressioni nell'intento di ottenere gli spostamenti utili: le pressioni riguardano principalmente la creazione di luoghi di cultura che si aprono ai linguaggi contemporanei e all'attraversamento generazionale degli spazi. Centri d'arte contemporanea, cantieri sui linguaggi del corpo, archivi, teatri, dovranno indicare ed aprirsi alle diversità artistiche, al riconoscimento di uno spostamento continuo, al confronto tra i linguaggi contemporanei, all'incontro reciproco sui programmi.

Il sentiero è una delle principali interpretazioni del modo migliore per attraversare un paesaggio, e seguire un itinerario significa accogliere un'interpretazione o ricalcare su di essa le orme dei predecessori, come fanno gli scienziati, gli esploratori e i pellegrini. Camminare per la stessa strada vuol dire ripetere qualcosa di profondo.
Rebecca Solnit


2 CANGO
Si è aperto a Firenze in Oltrarno, nel quartiere di Santo Spirito un nuovo spazio -Cango, Cantieri Goldonetta Firenze - che esprime tipologicamente un attraversamento di pratiche e visioni. Questo non si pone come un contenitore ma intende creare un forte legame con i percorsi artistici contemporanei e identificarsi come luogo di produzione e formazione.

La Democrazia del corpo è stata la manifestazione di apertura che si è svolta dal 27 dicembre 2003 al 4 gennaio 2004: un itinerario molteplice di visite, incontri, camminate nel quartiere, interferenze con i laboratori artigiani, visioni dal vivo e installazioni con Roberto Carifi (poeta) Annalisa Cattani, Compagnia Virgilio Sieni Danza, Claudia De Venuto (poeta), Marco di Bari (poeta), Francesco Giomi, Kinkaleri, La Ribot, MK, Liliana Moro, Cesare Pietroiusti, Letizia Renzini, Grazia Toderi

CANGO è uno spazio fatto di spazi. Tre sale di vari formati (22X9, 13X9, 8X8 con parquet) più due ballatoi agibili (6X9) spazi della produzione, liberi e flessibili.
Uno spazio che nasce pensando al vuoto, lasciando tutto vuoto, solo il piano d'appoggio preparato dove il pubblico non conosce dove stare.

Si è prospettato un articolato incrociarsi di pratiche artistiche partendo dal corpo, il senso della danza, il corpo disciplinato e aperto ad un'immersione con le altre arti. Quindi non si pensa ad un accumulo e una stratificazione contaminante di stili e tecniche quanto un riconoscimento olistico tra gli ambiti. Già si annulla la parola "ambito" e "specifico" non per essere generici ma per identificare un percorso artistico nell'insieme di un'energia.

CANGO non è un teatro né un centro d'arte contemporanea. Lo sforzo è quello di far coincidere l'evolversi di tali ambiti apparentemente separati. Qual è l'interesse che spinge a tale riflessione e perché porsi il problema dell'assimilazione tra arte scenica e arte visiva?. Sicuramente il senso di smarginamento e sconfinamento che la danza esprime attualmente pone grande attenzione allo spazio inteso come ambientazione e installazione, aprendolo ad una percezione visiva ed acustica innovative. Qui la danza si vuole confrontare quale esperienza di confine e il corpo avviare quelle pratiche formative che spostano continuamente la disciplina tecnica verso una bolla articolata di incontri e confronti con le altre esperienze sui linguaggi contemporanei. La domanda ha una risposta nell'approfondire la qualità del vuoto e dello spazio, nel senso della musica e del suono, nel concetto di figura, nella conoscenza di un corpo dissimile e infinito ma non solo, vi è una risposta che scalfisce le abitudini e da fastidio a chi crede di riconoscere. In fondo questo è lo sforzo principale nelle intenzioni di CANGO: arrivare a visioni, incontri ed esperienze che vanno oltre la rappresentazione canonica superando la semplice trasgressione e nella disciplina della visione e della partecipazione avviare un percorso di comprensione.

Cango assimila le necessità rivolte ai linguaggi innovativi del corpo e della danza proiettandoli in un contesto senza confini. C'è volontà di incrociare le pratiche per dar vita a percorsi inediti. L'articolazione degli spazi vuole favorire la concomitanza di esperienze da tenere isolate e allo stesso tempo comunicanti.
Gli spazi hanno la funzione primaria della vicinanza. Vicinanza di azioni e contesti, opere e processi. Per vicinanza si intende tutto un sistema di continuità di azioni che porti ad una percezione articolata dei contesti. Gli studenti dovranno necessariamente trovarsi a contatto con esperienze parallele che avvengono negli spazi adiacenti così come gli eventi (azioni, spettacolo, visione, performance) possono alternarsi a momenti analitici e di studio.

CANGO vuole essere luogo rivolto alla frequentazione quotidiana, dedito alla sosta e all'ospitalità Un luogo pubblico che dovrà trovare la forza di elaborare programmi di studio radicali e di confronto unitamente ad una proposta continua di visioni per arrivare ad un progetto sempre più complesso e fruibile sui linguaggi artistici contemporanei. Intendiamo aprire interstizi sull'atelier dell'artista ospite che non ha tempo generazionale. Una stanza laboratoriale da squarciare, uno spazio preparato da analizzare, azioni e visioni disposte in un guscio, lezioni dentro l'opera.

CANGO non è un luogo stravagante né indolore. Procura ferite nell'omologazione ma allo stesso tempo vuole aprirsi verso la condivisione e il riconoscimento delle diversità. Diversità di stili che crepano nell'apparire nudi, diversità di energie che dovranno dimostrare la forza del progetto, diversità d'intenti ma sempre verso una disciplina del percorso e delle pratiche, diversità generazionale.

CANGO è un'immagine immediata e antica. Propone gli artisti e i gruppi con i loro progetti riflettendo sul senso della residenza e dell'incontro favorendo un forum continuo con il pubblico e i frequentatori.
Si al vuoto degli spazi e alla trasfigurazione in essi, con senso di percorso
Spazio vuoto, gente accovacciata, visione senza ingombri e sedute prestabilite
Si alla realtà del corpo e alla sua assenza
Basta un pavimento e un tetto nell'azione e nell'osservazione
Basta il rifugio e il tempo della produzione
Si alla discontinuità dell'azione oltre l'abbellimento
Si alla caduta nel vuoto senza transizioni e trucchi
Si alla caduta di stile con coraggio e ascolto
No alla struttura sistematica
Addio tendenze rincitrullite e viziose
Si alla continuità dell'energia che unisce nella distanza
Si alla visualizzazione della sostanza che muove il corpo e il pensiero
Essere nella fragilità che è discontinuità dell'intrattenimento
Si agli atti di riflessione
Si alla democrazia del corpo
Lo spazio è un atto di libertà che agisce per soffi e pressioni
Si all'oggetto inconservabile
Ho solo il corpo e la realtà
Si alla visione consapevole e di crisi

3 CANGO E IL QUARTIERE
I Cantieri Goldonetta avranno come scopo quello di tracciare una mappa composita e articolata dell'Oltrarno cioè il territorio ampio che accoglie Cango. Il forte senso di appartenenza che ancora emerge da questi quartieri della città dovrà indicare i percorsi di orientamento che uniranno tra di loro i laboratori artigiani agli spazi pubblici, le ex chiese ai circoli, le piazze alle palestre creando una mappa impermanente di luoghi da curare uno ad uno per un coinvolgimento organico alla vita culturale e sociale. Cango vuole rappresentare uno slargo aperto in maniera continua.

Penso al Quartiere al pari di una sosta lungo un sentiero. Ora il sentiero percorre tracce mnemoniche fondanti e profonde, tracce stratificate che hanno determinato nel corso del tempo fossili immaginari sparsi sul territorio come elementi endogeni ed esogeni dispersi in una spazialità caotica ma comunque, con una metrica complessa che affiora. Lungo un pellegrinaggio la sosta assume vari aspetti fondamentali per la nostra vita: essa riguarda allo stesso tempo la scelta di fermarsi e la necessità, in divenire, della meta. Parallelamente è l'ascolto che emerge durante il processo di rinnovamento e di esplorazione. A volte, si sceglie di fermarsi rispetto alla qualità dell'ospitalità e la bellezza del paesaggio: le persone, il popolo e i loro mestieri, la capacità immaginaria e artistica trasfigurata prima e rappresentata poi nel luogo, nell'architettura, nell'urbanistica.

Camminare lungo il sentiero matura il senso metrico del corpo facendo affiorare quelle necessità profonde legate appunto alla visione, all'incontro e allo stravolgimento alchemico rappresentato dalla forma dinamica dello scambio. Un territorio richiama e attrae forestieri e si fa abitare cercando le regole della convivenza, della collaborazione, del dialogo e della conoscenza.

Riferendomi al Quartiere, esso deve raggiungere quel grado di analisi verso se stesso tale da mutare i conflitti in modalità positive. La riflessione è quindi rivolta a depositare nel territorio un progetto che si nutra di quel contesto, dal quale sradicarsi e favorire l'accoglienza e lo scambio per il bene della comunità ma anche per esprimere in maniera democratica la bellezza delle diversità linguistiche e artistiche in un dialogo continuo tra contemporaneità e tradizione.
Intorno ai vari punti di aggregazione e di sosta diretti e indiretti (bar, circoli, chiese, angoli e crocevia, edicole, biblioteche, cinema, teatri, negozi, laboratori artigiani) è necessario oggi pensare e costruire uno spazio dentro tale territorio che non deve andare ad appesantire un sistema cronico e calcificato tra sopravvivenza e percorsi morti, difficoltà di dislocazioni e spostamenti; esso dovrebbe principalmente portare il senso di leggerezza e di dilatazione, favorendo l'analisi e la conoscenza per mezzo del confronto e dell'incontro. Tale spazio stravolge tutti i concetti di museo autorappresentativo e ingolfante per farsi corpo dinamico e non statico.
Il riversarsi della tradizione nella contemporaneità avviene per frequentazioni e luoghi dialoganti verso una comprensione più ampia dei percorsi. Nella sosta, che può essere il momento della visione come l'atto di trasmissione di un linguaggio, la residenza e l'ospitalità di artisti e il loro dipanarsi in percorsi formativi, performativi e di ascolto, si raggruma quella spazialità nuova, propria di un luogo che la accoglie e la ospita. Uno spazio rivolto ai linguaggi contemporanei e il loro incrociarsi e confrontarsi dovrà sempre rintracciare quelle modalità rivolte alla visibilità e al confronto verso l'esterno. Un luogo non centripeto ma deiscente, che si lascia attraversare.

Stranamente, è una serie di rotture e di discontinuità nello spazio a illustrare la continuità del tempo. Marc Augé


L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -