Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Lasciando la direzione artistica del Teatro Kismet OperA    
Polaroid #4.      
Lettera di Carlo Bruni.
di Carlo Bruni
     

Questa lettera è stata spedita a noi e ad altri da Carlo Bruni all'indomani delle sue dimissioni dalla direzione artistica del Teatro Kismet OperA di Bari, che come accennammo qualche settimana fa sta attraversando come molte strutture legate all'innovazione un momento complesso legato ad una necessaria riorganizzazione economica. Abbiamo deciso di pubblicarla come documento legato ad un altro, ulteriore, aspetto della crisi attuale.

Ho assunto la direzione artistica del Teatro Kismet OperA nel '93 e dopo dieci anni d'intensa e appassionata attività, ho scelto di lasciare. Non penso sia un caso di rilevanza nazionale e tuttavia comunico le sue ragioni per condividerle con i tanti che, direttamente o indirettamente, hanno avuto a che fare con quest'esperienza.

Siamo cresciuti in questi anni come soggetto collettivo. Nella modestia dei nostri talenti abbiamo cercato le forze necessarie all'evoluzione di un progetto comune e sviluppato l'identità come una relazione. L'Opificio è diventato un'organizzazione aperta, in costante evoluzione, stabilemente in crisi: un Teatro Popolare di Ricerca attento alla radice e all'orizzonte.

Avevamo intitolato l'ultimo nostro progetto triennale "Fondamenta Nuove" mossi dall'esigenza di un profondo rinnovamento: il nostro intento era metaforicamente, ma anche concretamente, quello di passare dallo stato solido a quello liquido. In questo processo s'inscrive la mia scelta. Due forze hanno agito contemporaneamente.

La prima mossa dalla consapevolezza che si fosse esaurito un mandato: che cioè non rappresentassi più compiutamente le istanze del gruppo. La seconda animata dall'esigenza di riprendere la navigazione individuale, riaprire il gioco del singolare.

In questa prospettiva, il mio legame con la struttura non si spezza, si scioglie e si sviluppa alla ricerca di nuove soluzioni.

Non credo nella staticità della leadership: è uno dei fraintendimenti e dei mali del nostro sistema.

E' evidente la delicatezza del cambiamento, né voglio nascondere il dispiacere che comporta. C'è dispiacere in ogni scelta eppure sappiamo che la crescita non può fare a meno della scelta. Un passaggio di questo genere si fonda su una miscela di consapevolezza e rischio. E' un atto creativo che richiede la sospensione del giudizio critico e un po' d'incoscienza, come quella di chi decide di mettere al mondo un bambino.

Con un'esperienza d'attore e regista, analogamente a quanto avevo fatto nella direzione di un teatro a Perugia, ho applicato alla programmazione del Kismet i criteri propri di una drammaturgia e condiviso una visione con i compagni di lavoro e il pubblico. Stagioni concepite come un insieme organico di azioni produttive, promozionali e formative, nel rispetto degli artisti e del pubblico, contravvenendo alle "regole" del sistema, si sono sottratte al limite dei "generi" e alla trappola degli scambi. Ci siamo aperti alla musica, alle arti visive, alla danza, alle nuove generazioni, all'impegno sociale. Il Kismet ha sviluppato un nuovo modello di stabilità pubblica per farsi Teatro della Città e recuperare il valore comunitario della scena.

"La lingua del Viaggiatore", "Tradizione e Tradimento", "Il Fantasma della Libertà", e poi "La Prima Radice" per il Rossini di Gioia del Colle nel '98, "L'Emozione Semplice", "Collezione Tramonti", "Maggio all'Infanzia", "Aperture", "Sfide Personali" e gli spettacoli: da "Vangelio" al "Miles", dalla riedizione del "Cappuccetto Rosso" di Formigoni ai "Piccoli Misteri"; dalle collaborazioni con Marco Martinelli, Raffaella Giordano, Alain Maratrat, Giovanni Tamborrino a "Bella e Bestia"; dall'asfittico mercato nazionale (che tale è rimasto), alle coproduzioni con il Giappone, la Francia, l'Inghilterra, l'Australia. Due teatri capaci di ospitare trecento repliche l'anno e compagnie in giro per il mondo. Questo è quanto è accaduto.

Quando nel '93 il Kismet mi invitò alla sua direzione, tornavo da un lungo periodo di lontananza dal sud, avendo cercato e trovato altrove opportunità di lavoro. Ci sono moltissime iniziative in movimento e un bagaglio da condividere. Penso alle potenzialità di un sistema teatrale ancora acerbo e alle vecchie storture che ne frenano lo sviluppo. Ho in animo di riprendere a fare spettacoli e il desiderio di parteciapre alla vita del prossimo teatro. Con tutta la nostalgia, la paura e l'entusiasmo... salto.


L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -