Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 34
Dal 29/04/2024
al 06/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Il punto di fusione del verso  
La trilogia: #2 – Predica ai pesci      
Modena, novembre 2001
di Gian Maria Tosatti
     

Il sangue è finito. Rimane il silenzio, la scoloritura del suono, la scolatura del frastuono. Declinazione di angeli in sospensione. Invasione di animali magici che si guardano attorno come forze prive di difesa, esposte all’infettività dell’abisso circostante, a perdersi oltre le pareti dell’occhio. In ascensione una galassia fulminea, un miracolo insignificante che prova l’accordo delle sue leggi con l’universo relativo del percettibile fino all’ostinazione, a far vibrare i propri armonici come dorsali dell’esistente. Un sistema micro-cosmico di “corpicini secchi secchi” combinati nella necessità e impotenza di equilibri esili ed acuminati è la bolla d’aria che contiene questa Predica, come un messaggio genetico, come un’eco originaria che s’oppone, nella sua fragilità di voce e mutismo, preghiera animale, al caos aeronautico che tuona dalle lontananze mondiali. Predica ai pesci di Teatro Valdoca (in scena la settimana scorsa al Teatro Vascello) è quella che la compagnia definisce un’operetta magica e popolare. Essa appare come continuazione naturale del lavoro precedente, Chioma, sia dal punto di vista tecnico che di senso. Questo nuovo lavoro è figlio del precedente o forse principio attivo, energia radicale di esso, è il suo sprofondo nella dimensione millesimale di ogni singola cellula, è l’origine del bene che muta il grido di Chioma, è l’armonia degli elementi che ne determina la naturalità combinata di creatura.

Siamo di fronte ad un lavoro potentemente politico, come raramente s’ha la fortuna di vedere; una vivida visione dell’altrove, estetica di matrice adorniana, capace di sintetizzare l’armonia delle voci antenate, le voci archetipe, che gemono la necessità del bene.

E’ questo uno spettacolo che parla della dimenticanza, della memoria dei pesci, dell’amore del plancton, con l’intensità di un respiro che sale dal fondo del lago come pioggia finissima, note sottili di una benedizione.

In questa armonia perfetta, in cui i versi di Mariangela Gualtieri, cedono e s’arrendono alle sensorialità delle voci, dello spazio, o diventano per essi arma appuntita, lancia, Ronconi riesce ad orchestrare una combinazione di flussi d’energia appartenenti ad un altro, più alto, livello di lavoro. Qui il verso, la struttura del movimento, diventa materia viva e labile, magnificamente incerta come le voci di Gabriella Rusticali e di Federica Maglioni, come i muscoli in tensione di Anna Savi e Ruhena Bracci, esperienze nitidamente sensibili, prima che drammaturgiche. Il testo dunque non è montagna da scalare, ma vento, soffio che attraversa i corpi, principio metamorfico che cambia l’organicità multipla dell’ensemble in unità autonoma, equilibrio poetico spaziale.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -