Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Descrizione soggettiva.  
Dossier AKSÈ: #2 - L’oggetto in questione.      
di Lorenzo Donati      

Da Ravenna Coro, che avendo già impostato il proprio lavoro nei locali del centro sociale, fa gli onori di casa. Gruppo Nanou, di cui fa parte Marco Valerio Amico, il “direttore artistico” e ideatore di Aksè. Vagamondi, compagnia e associazione riminese. Reggimento Carri, formazione da Altamura di Roberto Corradino. Infine, Connection Voyeur, quattro persone che con penna, videocamera e fotografia seguono passo passo lo svolgersi della settimana.

Prendete questi cinque raggruppamenti di persone e immaginateli rinchiusi in una sala a ferro di cavallo, divisa da un’altra più grande da una parete con vetrate rettangolari, come fossero dei grandi oblò. Dopo un periodo preliminare di adesione e scambio di pareri via mail, si arriva al momento topico della rottura del ghiaccio: come si tramuta in un concreto fare attorale il proposito teorico di incontrarsi per farsi contaminare dal lavoro di sala di altre persone? Come tradurre nell’agire performativo la necessità di confrontare le estetiche e le pratiche di quattro diverse compagnie? Rispondiamo a questi quesiti tentando di connettere le eterogenee modalità che sono occorse nei giorni di lavoro. Proviamo a comporre una fotografia di paesaggio tramite la tecnica “ a mosaico”: tanti particolari che, uniti, nella visione d’insieme formano un quadro globale.

Il nostro ritratto racconta che si è creato il seguente meccanismo: dato uno spazio vuoto con svariate individualità sul limitare di esso, ognuno entrava e lo contaminava con progetti e proposte performative personali e/o di gruppo. Le altre compagnie e/o singoli si facevano influenzare dai materiali altrui, fino a agganciarsi a essi sospendendo il proprio bagaglio di “sapienza scenica”. Quando era evidente che stava emergendo un progetto peculiare del linguaggio di un gruppo, la prospettiva teorica era di agire per sostenerlo, farlo risaltare. Si creava una sorta di scacchiera: lo spazio acquistava senso con l’aumentare delle proposte dei performers: lo spazio veniva inseminato con le visioni poietiche dei cinque raggruppamenti presenti. Ogni nuovo significato, però, aveva la prerogativa di essere instabile e fugace, passibile di repentino deperimento. Talvolta si creava una sorta di magma, dove i gruppi si omologavano nel meccanismo globale, che dava un’impressione di disordine acognitivo; altre volte emergeva con chiarezza, all’interno dell’amalgama, il lessico peculiare di ogni gruppo, che andava a instaurare un continuo dialogo con i metodi delle altre compagnie.

Per portare una maggiore evidenza ai momenti dove i diversi linguaggi costruivano un vocabolario condiviso, Aksè si è trovata a divenire, oltre che un momento di incontro performativo, una settimana di intense riflessioni, anche piuttosto teoriche, sulla prassi attorica.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -