Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Per uno sguardo altro su Delbono  
Dall’archivio: #2 - Disordinatamente un’impressione sul Silenzio.      
di Gian Maria Tosatti      

Diremo brevemente di uno spettacolo di Pippo Delbono che non ha avuto la fortuna dei più celebri e che pure sembra essere come un tassello determinante del suo percorso, pietra angolare dello sviluppo di questi ultimi anni tra Guerra e Gente di Plastica.

Il silenzio ci è parso un lavoro lieve, qualcosa di paragonabile ad un campo vespertino in cui si calma il calore canicolare lasciando che la terra restituisca ciò che in essa s’è depositato attraverso i suoi fumi e i suoi umori. Così esso sta alla produzione di Pippo. Si tratta dunque di un lavoro che pur nei fisiologici bui e impasse di pensiero, amnesie poetiche, in cui gli spettacoli dell’artista genovese e del suo gruppo non possono non incorrere, costituisce un singolare passaggio allo scoperto (seppure in penombra) di quella trama austera che scorre segreta nel lavoro di Delbono come un fiume scuro di sangue ad alimentare il cuore di quel suo "teatro del sudore".

Memorie portate sulla pelle come il sale del mare, tavoli dalle tovaglie a quadri bianchi e rossi, scene di matrimoni, girotondi, circhi, si mischiano nei riflessi di quel fiume e scivolano via appunto nel sudore. Immagini di cui ci si libera con fatica tracciano una “linea lunare” che fa da bilanciamento calibratissimo ai lampi d'ira che segnano abitualmente il cielo di Delbono con la violenza di quadri impazziti e degeneranti, funamboli tesi tra la dolcezza e la crudeltà, preparando una sorta di pacificazione con la fortuna.

Questo fa del Silenzio un lavoro pagano, una liturgia scritta in memoria del terremoto di Gibellina del '68 e ricco di testimonianze di chi il terremoto lo vive dentro tutti i giorni, come Bobò, protagonista degli ultimi spettacoli della compagnia, che non si può definire attore quanto figura poetica, pensiero in movimento, sentimento in azione.

Sempre molto buona la risposta del pubblico, di cui ricordo un’attesa di due ore sotto la pioggia per poter assistere ad una replica romana di qualche anno fa, per questo Delbono “notturno” , che cita Ungaretti e i paesaggi di guerra di San Martino del Carso mettendoli in parallelo con quelli del sudario steso da Burri sulle rovine della città morta che ha partorito questo lavoro.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -