Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Il teatro non è un contenitore  
L’esperienza delle Ariette, alla vigilia di una nuova edizione di A teatro nelle case, conferma l’importanza dell’identità chiara di un luogo per dare vero senso alle ospitalità e alle programmazioni.      
Castello di Serravalle (Bo), luoghi vari. Dal 19 al 24 ottobre.
di Gian Maria Tosatti
     

Diversi anni fa, quando il Teatro delle Ariette ancora non aveva ancora avuto il suo battesimo agricolo teatrale con la nascita di Teatro da mangiare? , chi scirve si trovava a parlare con un importante storico e semiologo dello spettacolo dell’importanza di certe compagnie stabili che quotidianamente conducono il loro lavoro in qualche sperduto angolo dell’Europa o del mondo. Queste compagnie hanno riconosciuto un luogo e ne hanno fatto la propria casa, lo spazio di un percorso coerente dentro un teatro che spesso ha molto poco a che fare con la rappresentazione e che tende ad identificarsi con la vita tout-court. Alle note storico critiche con cui il sottoscritto cercava di definie il valore di quelle compagnie questo professore chiosava con un semplicissimo: “per me, quello che è importante, è sapere che loro sono lì, in un luogo in cui io posso tornare”.

Alla vigilia di A teatro nelle case (festival d’autunno) torna alla mente quella frase. Perché a distanza di anni, il Teatro delle Ariette è diventato uno di quei teatri-casa in cui si può tornare, in cui fa piacere tornare, perché ogni volta si ritrova quello che si è lasciato. Si è protagonisti di un’esperienza umana.

Cercando di tradurre in una metafora si può dire che un teatro può essere albergo o casa. Nel primo le persone quotidianamente si danno il cambio, chiunque lo attraversi non può che sentirsi di passaggio, personale, ospiti. Non si lascia nulla in custodia per un prossimo incontro, ci si sente come fosse la prima volta quando ci si torna… Così sono i teatri italiani, più o meno “Stabili”.
Nel secondo caso c’è il piacere dell’ospitalità, dell’amicizia, dell’attardarsi in cucina mangiando biscotti, del trovare le tracce del proprio precedente passaggio. Così ci si prepara ad una nuova visita alle Ariette per questa quinta edizione di un festival di qualità quest’anno dedicato al tema del “Passato presente”.

Il passato è presente, nel bene e nel male. Come una mina di una guerra lontana che esplode oggi inattesa ai bordi di un campo”, dice Stefano Pasquini, che ha costruito l’evento attorno alle relazioni tra quegli artisti che hanno fatto la storia di un teatro nei campi e nelle case e le compagnie che hanno iniziato da lì i loro percorsi.

Ed è infatti chiaro il perché l’ultimo sforzo editoriale delle Ariette, che sarà appunto presentato nei giorni del festival, sia appunto la pubblicazione del libro Stabat Mater, viaggio alle fonti della narrazione, di Gerardo Guccini e Michela Marelli dedicato ad uno degli spettacoli simbolo del Teatro Laboratorio Settimo.

Ma procedendo per ordine l’apertura del festival sarà dedicata all’ultimo progetto della compagnia di casa, a quel L’estate.fine (vedi critica in archivio) visto a Santarcangelo e sul quale la compagnia continua a studiare. Così martedì 19 ottobresaranno presentate le immagini e diari di quell’esperienza destinata a trasformarsi in qualcosa di differente, sabato 23 ottobre in una versione adattata agli spazi dell’azienda agricola Le Ariette.

Massimiliano Speziani sarà il primo ospite, mercoledì 20 e giovedì 21, con Il custode delle partenze, cui seguirà l’evento di Stefano Massari Diario del pane e la lettura di Mariangela Gualtieri Sue lame suo miele.
Un racconto fantastico è quello di Faber Teatro che con La notte dei volatili dà corpo e sapore alla cucina di una nonna e al suo racconto di quando gli uccelli entrarono ad assaggiare il suo cibo (22 ottobre). E lo stesso giorno, un’attrice storica del Teatro Settimo porterà il suo Vergine Madre, tre storie come tre preghiere inanellate nel desiderio della santità.

Giornata fittissima sabato 23 che, oltre all’accennata presentazione de L’estate.fine, vedrà la presentazione de L’insurrezione dei semi di Giuliano Scabia e la presentazione del libro dedicato a Stabat Mater.

E da non perdere è anche la giornata di chiusura, che ha in cartellone la lettura-spettacolo di Antoine Choplin intitolata La manifestazione, cui seguirà un’incontro sul tema del festival coi suoi protagonisti e per concludere una “improvvisazioni fra tradizione e futuro di un artista puparo e cuntista e di suo figlio musicista” ad opera di Mimmo Cuticchio e suo figlio Giacomo, intitolata appunto Di padre in figlio.

Per informazioni: www.teatrodelleariette.it

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -