Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


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Il punto e l'area    
Teatro e identità #2 - La seconda edizione di Sfide personali al Kismet OperA come occasione per riconquistare spazio e tempo.      
Bari, Teatro Kismet OperA. Dal 15 al 17 gennaio
di Gian Maria Tosatti
     

BARI - Il problema del teatro oggi è geografico. La mappa sociale è cambiata. La posizione dell'uomo è stata traslata su un altro punto del piano, così come quella del mondo visibile e spiegabile, i suoi annessi e connessi, il mercato, la democrazia... Anche il teatro è stato spostato e messo in un altro punto specifico della scacchiera. Esso, però, a differenza degli altri scacchi, ha perduto in questo giro di valzer anche l'orientamento e continua a girare su se stesso, girando girando fino a scavare, a scavarsi la fossa.

Probabilmente non poteva che essere così. Il teatro è molto vecchio. E i vecchi per loro natura rifiutano di adattarsi, non imparano l'inglese, contano ancora in lire, non sono cittadini europei... Un'altra caratteristica dei vecchi è la visione apocalittica e anche una certa facilità alla lacrimuccia, ma di questo tema abbiamo già parlato a sufficienza nelle passate settimane. Così, tornando alla questione dell'orientamento, si dirà che quello che sembra mancare alla scena di oggi è la coscienza di sé, del proprio spazio, delle proprie possibilità, in una parola della propria necessità. Ma è chiaro che il raggiungimento di queste condizioni passa per piccoli avvicinamenti. Passaggi di chiarezza semplici, in cui il teatro nomina sé stesso per conoscersi e per presentarsi. D'altra parte "il nome è l'uomo", dicevano gli antichi. E il nome è dunque anche un volto umano per una macchina che nel suo essere scollegato dinosauro o a volte inutile agonizzante ha sempre più difficoltà a condividere realmente, a mettersi sullo stesso piano del pubblico, malgrado tutte le sue tensioni mirino a questo. Ci siamo occupati costantemente con LifeGate Teatro di questi momenti di chiarezza, abbiamo cercato di segnalarli, di sottolinearli, abbiamo cercato di prolungare la eco di questo nominarsi del teatro. L'anno scorso chi scrive era presente alla prima edizione di Sfide personali, un piccolo festival inter-stagionale realizzato dal Kismet OperA di Bari. Nel resoconto di tale esperienza (vedi archivio critiche) si notava il valore strutturale che aveva il titolo (nome) per quell'iniziativa. Oggi, alla vigilia della seconda edizione, che si svolgerà dal 15 al 17 gennaio, ripartiamo da quel titolo. Sfide personali, come nome, mette immediatamente in primo piano l'artista. Non il prodotto spettacolare, ma colui che lo realizza. Il valore del percorso, non del risultato. Sfide personalii è un titolo per sua natura inconiugabile con il concetto di consumismo culturale oggi imperante. Chiamandosi Sfide personali, una parte del Teatro Kismet delimitata nel tempo e nello spazio nomina sé stessa e si attribuisce un valore. Valore che allora, come pubblico, siamo stimolati a verificare e a scoprire. A scoprire il volto umano del teatro. Di chi lo fa. Uomini non delimitati nel tempo e nello spazio.

Ed è significativo che quest'anno tra le opere in cartellone ci siano due spettacoli di uno stesso artista, Leonardo Capuano. Zero spaccato e Due (in scena rispettivamente il 16 e il 17) per rendere chiaro, immediatamente visibile, il senso di un percorso d'artista, per creare movimento. Il tempo non è più la durata dello spettacolo, ma il tempo biologico dell'autore di raccontarsi e di raccontare il trascorrere degli anni attraverso i passaggi delle proprie creazioni. E il tempo è al centro del lavoro di Giacomo Verde Storie Mandaliche, "sette iper - racconti centrati su persone e sentimenti in mutazione".

Lo spazio anche si dilata. Non è più lo spazio della scena in cui si svolge una performance, ma lo spazio di un territorio. Del territorio in cui si consumano conflitti comuni agli stessi spettatori di quel teatro. E' il caso dei tre artisti baresi ospitati. Roberto Corradino, col debutto del suo Piaccainocchio (giovedì 15), Elisa Barrucchieri, che in Soliloquy! (venerdì 16) incontra la danzatrice norvegese Victoria Sogn, e Michele Sinisi autore di Murgia (giovedì 15), uno spettacolo centrato sulla Puglia.

Dilatare spazio e tempo significa allora rompere quel piroettare su un unico punto di cui accennavamo all'inizio. Significa abbracciare, creare strade, fare della propria vecchiaia un transito di valore per il futuro, conquistando spazio e tempo, e non una discesa verso la morte, che dal tempo e dallo spazio cancella. Partire dagli uomini, uomini che percorrono il tempo, che calpestano una terra comune, che attraverso questi assi cartesiani disegnando la curva della propria sfida personale è la possibilità, per il Kismet in questo caso specifico o per altri teatri italiani, di darsi un nome con cui capirsi e farsi capire. Significa allargare il punto su cui a volte finiscono per ruotare in un'area d'azione. Per informazioni: www.teatrokismet.it


L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -