Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Dare al festival quel che è del festival    
Una forte impronta civile per la Biennale Teatro diretta da Peter Sellars.
Venezia, Arsenale. Dal 23 ottobre al 1 novembre.
     
di Gian Maria Tosatti      

VENEZIA - Si alza il sipario sul 35 festival di Teatro della Biennale di Venezia. Il primo di un nuovo corso che alternerà alla sua guida personalità di rilievo nel mondo delle arti performative, ma lo farà per un solo anno. Così sarà nel prossimo triennio, che inizia questa settimana con Peter Sellars e si concluderà nel 2005 con Romeo Castellucci. Una formula questa pare lasciar meno spazio ai suoi direttori per sviluppare una progettualità pluriennale e che dovrà far dimostrare alla Biennale di essere un’istituzione capace di adattarsi velocemente a personalità e proposte così diverse al fine di renderle operative al massimo della funzionalità.

L’impronta di partenza la dà il regista americano la cui personalità è immediatamente riconoscibile in un cartellone che porta in primo piano le periferie della terra.

Seguendo uno dei temi principali della sua ricerca espressiva, Sellars spiega che la Biennale Teatro di quest’anno “riunisce artisti che rappresentano nazioni e popoli ancora oggi in lotta per l’indipendenza, l’autodeterminazione, il diritto alla loro terra, l’equità culturale e la giustizia economica, dall’estremo nord del pianeta fino alle isole dei mari del sud. Il tema portante è quello dei popoli che cercano di superare il genocidio, di ricostruire, formare una nuova comunità rinnovando le proprie radici culturali. In primo piano è la rivendicazione dei linguaggi, la reinvenzione del ruolo delle donne, la riconciliazione tra culture globali e locali”.

Quest’idea si declina sulla figura di Otello, cui è esplicitamente ispirata l’opera d’apertura, Samritechak (23/24/25 ottobre, Teatro alle Tese) con cui l’Ensemble di danza e musica della Royal University of Fine Arts di Phnom Pehn recupera la millenaria tradizione della danza classica cambogiana coniugandola con uno dei capolavori della drammaturgia occidentale. L’incontro dei popoli attraverso una tradizione mitica comune sta alla base dell’opera del gruppo MAU, guidato dal regista samoano Lemi Ponifasio. Paradise (30/31 ottobre/1 novembre, Teatro alle Tese) è infatti il luogo d’incontro tra presente e origini di 19 artisti provenienti dagli arcipelaghi del Pacifico. Su questo tema si confronterà anche lo stesso Sellars con le prove aperte di un lavoro in creazione basato sul poema The love cloud di Kalidasa (28 – 29 ottobre).

Accanto a queste opere, incontri, film e documentari contribuiranno a strutturare un percorso per lo spettatore che si presenta come chiaro e approfondito su uno degli argomenti più scottanti e meno visitati dall’informazione internazionale. In questo modo Sellars sembra restituire al teatro il suo ruolo di assemblea civile esterna alle logiche dominanti ribadendone la necessità in un mondo che globalizza le informazioni e anche le omissioni.

Per informazioni più dettagliate sul programma: www.labiennale.org

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -