Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 36
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Teoria dello scatto alla Ben Johnson    
Torino Danza affida il secondo "focus" di questo primo anno a Josef Nadj, uno specialista dei battesimi eccellenti.
Torino, Teatro Gobetti e Teatro Nuovo. Dal 9 al 14 settembre.
     
di Gian Maria Tosatti      

TORINO - E' indicativo che il secondo focus, quello che diremmo monografico, di questa prima edizione di Torino Danza sia dedicato al Josef Nadj, una delle figure più brillanti della danza contemporanea internazionale e delle arti performative in genere.

E' la seconda volta che una struttura dalle grandi ambizioni sceglie di affidare il suo lancio al geniale direttore del Centre Coreographique National d'Orleans.

La prima fu il CNAC (Centre National des Arts du Cirque) che nel 1996 gli affidò la direzione dello spettacolo conclusivo del primo corso di quella che ormai è una struttura quasi leggendaria nel panorama della formazione europea. Ne nacque un altrettanto leggendario lavoro, Le cri du caméléon, che con la sua lunghissima tournée contribuì alla consacrazione del progetto padre.

Oggi è la manifestazione di Cristoforetti, che dopo essersi imposta all'attenzione di addetti e pubblico sul piano progettuale, cerca in questo anno di debutto la conferma nei fatti. Messi alle spalle con successo apertura e primo focus dedicato alle visioni sul contemporaneo, la nuova struttura torinese dedica a Nadj, che troppo poco spesso si vede in Italia, uno speciale spazio di riflessione a partire da due lavori particolarmente legati al suo percorso artistico. Dal 9 al 14 settembre, dunque, l'Omaggio a Nadj sarà tema d'unione del duo Le temps du repli e di Il n'y a plus de firmament, primo lavoro che non vedrà l'autore sulla scena. Due occasioni per poter incontrare la ricerca di un artista la cui visionarietà si fonde con le voci dell'appartenenza ad un territorio magico come la regione della Vojvodina, tra la ex Jugoslavia e l'Ungheria. Grande impatto per il passo a due di Le temps du repli, di cui ci siamo già occupati (vedi critica in archivio) rilevandone la perfetta alchimia tra tecnica e tensione emotiva in un percorso vertiginosamente compiuto nelle immagini intime dei due protagonisti, Cecile Thiéblemont e lo stesso Nadj appunto. Mentre una maggiore visionarietà c'è da aspettarsi per il nuovissimo Il n'y a plus de firmament, che risente fortissimamanete degli influssi che sul coreografo hanno avuto due figure chiave dell'arte contemporanea, Artaud e Balthus, che lo introdusse alla conoscenza del primo. Il consiglio per i lettori è di non perdere nessuno dei due appuntamentei, il primo il 9 e il 10 al Teatro Gobetti, il secondo il 13 e il 14 al Teatro Nuovo.

Per informazioni: www.teatroregio.torino.it

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -