Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Perché l’Eti non è inutile.    
L’opinione      
di Gianluca Riggi      

L' Ente Teatrale Italiano presto verrà sciolto, ente inutile s'è detto più volte, e in passato, soprattutto un passato recentissimo, per ciò che riguarda il Teatro italiano, lo è stato inutile ma veramente.

Bisogna guardare al futuro, e il futuro del teatro italiano senza Eti, con gli enti locali che hanno ed avranno sempre meno risorse a disposizione, è veramente poco ottimista.

Invece del futuro, perchè la storia si fa guardando indietro, e non è nostalgia, guardiamo al periodo in cui l'Eti è parso funzionare grazie al costante lavoro di alcune persone quali Giovanna Marinelli, Ninni Cutaia, Ilaria Fabbri, a chi li presiedeva, e a chi con loro collaborava quotidianamente, un periodo questo non lontanissimo, in cui sembrava che l'Eti potesse finalmente uscire a testa alta dalle tradizionali logiche lobbistiche che hanno sempre contraddistinto la vita teatrale italiana. Anche queste persone citate hanno commesso errori, avranno favorito alcuni amici, o i simpatici piuttosto che gli antipatici, ma in quei brevi anni il Teatro italiano ebbe l'impressione che L'Eti esistesse veramente, se ne sentiva la voce e la presenza, ora, oggi, è seguito il silenzio, il lavoro del passato è stato lasciato morire indegnamente dall'inconsistenza di un ministro che gestisce la cultura di questo paese, e quindi anche quella teatrale, come se fosse un discount.

L'Eti oggi è un ente inutile è vero, nessuno può negarlo, e la gente comune non ne piangerà un'ipotetica soppressione, ma noi che operiamo nel teatro sentiremo la mancanza della sua inutilità perchè conservavamo la speranza che cambiato il padrone potesse tornare ad essere qualcosa nella politica culturale italiana attraverso l'esercizio di questa strana cosa che è il teatro e lo spettacolo dal vivo. E ancora una volta ci rassegnamo mestamente ad assistere dalla finestra!

Parliamo spesso di un nuovo teatro, di nuova drammaturgia e cose simili, il nuovo non avrà spazio in questo paese, almeno nella cultura, e in quella teatrale, fino a che rimarremo inermi ad assistere a ciò che altri decidono per noi; l'eti può essere un ente utile, o nel prossimo futuro il teatro sarà diverso, talmente da non averne bisogno?, l'eti può ancora rappresentarci in qualche maniera ? Se si impossessiamocene, non permettiamo che le competenze acquisite dalle persone che vi lavorano, penso a persone precise che tutti quanti noi conosciamo perchè sono venute a vedere i nostri spettacoli, talvolta ci hanno aiutato anche, vengano riassorbite dalla pubblica amministrazione in un municipio, in un comune, in uno stabile qualsiasi dopo due anni di penosa mobilità, perchè è questo ciò che potrebbe essere deciso per loro nelle prossime due settimane.

Un teatro futuro, quale futuro artistico ci aspetta se consentiamo di farci strozzare economicamente ed organizzativamente, la Siae aumenterà a Settembre i suoi minimi sui diritti d'autore, le sale da meno di 100 posti continuano ad essere equiparate a quelle da 300, e se l'iva sui biglietti è al 10% perchè quella sui diritti d'autore è al 20% ? . Possibile che in italia non esista e non sia stata pensata una struttura giuridica dello spettacolo, e che si debba giuridicamente essere Associazione Culturale, Onlus, piccola Cooperativa e così via, e comunque qualsiasi forma scegliamo è sempre troppo stretta o troppo larga.

Rifondazione Comunista l'anno scorso presentò proprio nel nostro teatro (Teatro Furio Camillo) una proposta di legge sul Teatro, oltre al fatto che era scandalosa ed inutile, che le leggi non si fanno sui principi ma sull'analisi della realtà, sulla presa d'atto dell'esistente, sul tentativo di normarlo per consentire a tutti di esistere e di dare a quelli che verranno dopo lo stesso diritto di esistere di chi c'era prima, prendendo coscienza dei reali problemi e di chi li vive, coi principi si fanno le guerre preventive, o li si rende argomenti di conversazione nei caffè, una legge che defiscalizza è una legge che accetta l'esistente applicandogli belle parole, una legge che riscrive le regole della fiscalità è una legge che non ha bisogno delle belle parole perchè immediatamente le attua, e comunque quella legge e le discussioni, e coloro che l'hanno discussa, in testa Titti De Simone, che fine hanno fatto, era forse semplicemente funzionale all'apertura del partito verso i fantomatici movimenti?

Un teatro futuro non ha futuro se non siamo in grado di lottare per conquistarcelo. Siamo tante beghine alla finestra che guardano in strada quel che accade, aspettiamo la mattina per andare al mercato e discutere animatamente di quello che ha tradito la moglie con quell'altra, di tizio che ascolta la musica ballando nudo per casa, poi comprati i carciofi e le patate ci salutiamo e corriamo dietro le persiane ad osservare la nostra strada che nonostante tutto e nonostante noi continua a vivere! Nonostante è una parola che non possiamo tollerare oltre!

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -