Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Finché il pubblico non si ribella...  
Al Teatro Vascello di Roma temi gravi diventano materiale per un testo semplicemente deplorevole.      
di Gian Maria Tosatti      

ROMA - È veramente difficile trovare parole che possano descrivere il senso di umiliazione che si prova nel vedere questi giorni di grande confusione, in cui la libertà di questo Paese è messa costantemente sotto assedio e vilipesa la democrazia di cui s'è dimenticato e s'ignora il senso profondo, ridotta ad una miserabile farsetta. È veramente difficile trovare parole nella necessità di silenzio che investe, quasi violenta, lo spettatore all'uscita del Teatro Vascello dopo i due atti unici prodotti dallo stesso Stabile d'Innovazione e inclusi nel progetto "Teatro Civile".

Due spettacoli fortemente criticabili sotto ogni punto di vista, ma tra i quali va operata una distinzione.Il primo, Danno collaterale di Alessandro Trigona Occhipinti, risulta essere un lavoro drammaturgicamente privo di qualità letterarie e fortemente connotato in un iperrealismo, peraltro esasperato dall'allestimento di Giancarlo Nanni, che non ha attinenza con la concezione odierna di conflitto armato, dimostrandosi un testo incapace di trasmettere messaggi attuali.

Problemi di carattere tecnico come l'inadeguato dialogo col supporto video, caratterizzano questo spettacolo, la cui incisività può risultare assai discutibile. Il teatro, che abbia la pretesa di essere civile o meno, dovrebbe penetrare all'origine le problematiche del presente per trarne le domande e porgerle al pubblico come strumento di cognizione in forma di visioni agenti sul profondo tramite una rigorosa chimica che si chiama mestiere. Inutile dire che ciò non avviene, ma nel secondo spettacolo, Territori di Paola Ponti, messo in scena da Lorenzo Gioielli si raggiunge un livello di superficialità e di cialtroneria per cui non val neanche la pena ravvisarne una matrice collaborazionista al regime dell'ignoranza che sta schiacciando l'Italia e gli italiani. Lunghi minuti di parole insulse, sprecati tra una rappresentazione beota e l'altra della classe politica in carica, compongono un'opera che manca di rispetto, oltre che al pubblico, al teatro di matrice civile e a coloro che nel Novecento gli hanno dato voce immortale.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -