Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Il colore dello sprofondo  
La trilogia del "nero" di Martinelli si conclude sul blu della notte shakespeariana.      
di Gian Maria Tosatti      

RAVENNA - "Sogno di una notte di mezz'estate", rappresentato in questi giorni al Rasi è l'ultima tappa del progetto triennale "Cantiere Orlando", che ha portato il Teatro delle Albe a realizzare, nei passaggi precedenti, due spettacoli simbolo di questi anni, come "L'isola di Alcina" e "Baldus".

L'indagine nel fondo dei poemi cavallereschi rinascimentali ha spinto questa volta il regista Marco Martinelli in una riscrittura del bosco incantato shakespeariano in cui si fa chiara la decisione di abbattere la frontiera tra veglia e sogno. Il quadro s'apre dunque su un'Atene deformata e delirante, emanazione spaziale della figura del duca Teseo, a cui Luigi Dadina recupera un'identità di pupo siciliano, di ridicolo paladino. Siamo immersi immediatamente in un luogo che segue le logiche dell'ossessività, assai vicine ai sogni tormentati delle notti estive.

Siamo nell'altrove di una ipotetica polis che nel ritrarre come uno specchio curvo un'odierna realtà curva somiglia al contempo ad una festa chic e ad un bar-sport, in cui si muovono come forme vive i meccanismi del novecentesco pensiero filosofico mitteleuropeo legato ai processi dissolutori degli equilibri, con le sue implicazioni artistiche.

Nella spirale che procede verso il fondo, l'ingresso della notte non rappresenta più una caduta, quanto un paesaggio parallelo fatto di spettri capaci di attraversare le pareti (di perline) del reale.

È quello di questo "Sogno" un bosco glaciale, popolato da spiriti della notte in forma di infantili e malinconiche ombre funeree, figure d'un aldilà ellenico, che si stringono con timore attorno agl'echi terrificati e terrificanti d'una Titania (Ermanna Montanari) dalla grazia terribile di un fuoco fatuo danzante.

Sarà il pericoloso gioco di questi attraversamenti tra il mondo dei morti e quello dei vivi nella labilità dei loro confini, a risolvere questo spettacolo, che coniuga una forza da recite del dopo-lavoro col livello tecnico di una tra le più interessanti compagnie internazionali, che pare abbia trovato la sua quadratura nelle collaborazioni con Luigi Ceccarelli, autore del tessuto musicale e Vincent Longuemare creatore di un meticoloso studio sulle luci che opera su un cromatismo infettivo basato sul blu come leggerezza e sprofondo a costituire una drammaturgia illuministica che segue e arricchisce la matura visionarietà di Martinelli. Per informazioni: www.teatrodellealbe.com

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -