Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Pirandello come movimento sinfonico  
Il Berretto a sonagli delle Belle Bandiere e Diablogues per un vero teatro di Tradizione.      
di Gian Maria Tosatti      

MILANO - Che cos'è il teatro tradizionale? Personalmente credo sia quello in cui si riesca a portare sul palcoscenico una scrittura teatrale, che sia antica o moderna, e a farle vivere la sua propria, intima, Tradizione. Termine quest'ultimo con cui intendo l'energia delle origini che quella scrittura porta dentro di sé, le sue radici profonde scavate oltre l'ambiguità delle interpretazioni fin nel centro dell'ordine genetico che ne determina la poetica, nelle sue forze interne, i flussi sotterranei.

Per Tradizione intendo anche la lezione che quotidianamente il teatro porta attraverso i suoi maestri e l'umiltà di dimostrarla imparata coi mezzi del lavoro e del rigore.

Ritrovo tutto questo nella versione che, al Teatro Franco Parenti, Le Belle Bandiere e Diablogues hanno dato del Berretto a sonagli di Pirandello, una lettura che azzardo a definire esemplare, perché condotta, nella sua drammaticità di tragedia consapevole e indecente perpetrata contro e attraverso la ragione, atto crudele e disincantato, con la levità di un rito liberatorio di energie dinamiche pure, che portano la poetica pirandelliana alla sua estrema sintesi in una super-consapevolezza di corpi drammatici, di presenze ferenti le tracce di un'ascendenza indagata con meticolosità. Il testo si trasfigura allora in trasparenza, movimento intimo che diventa tensione fisica, azione, vita, metamorfica incarnazione di senso che attraversa la carne degli attori come fiume sommerso, per esplodere nella danza feroce delle verità pirandelliane rese come sinfonica combinazione di flussi dialoganti tra sé e con uno spazio-mappa semiologica da attraversare.

La grande prova tecnica del gruppo è evidente laddove scompare, cioè proprio quando la scrittura sembra più libera, vibrante, quasi sul punto di esplodere, fendendo la scena quasi impazzita. In quei momenti è infatti percepibile la determinante importanza del controllo, la precisione di ogni dettaglio, di ogni azione che stabilisce un rapporto spietatamente dialettico con le tensioni tessute fittissime tra lo spazio e le presenze agenti che lo abitano.

Meritano dunque un elogio appassionato gli attori/registi, che firmano questo allestimento, Enzo Vetrano, che fa del monologo finale di Ciampa un pezzo di teatro tra i migliori visti in questi anni, Elena Bucci che regola con grande equilibrio leggerezza e controllo e ancora Marco Sgrosso e Stefano Randisi capaci di variazioni ritmiche notevoli. Completano degnamente il cast Antonio Alveario e Marika Pugliatti.

Lo spettacolo replicherà ancora questa settimana il 20 e 21 novembre a Chieti, e poi a febbraio il 19 a Piove di Sacco, il 22 ad Amelia, il 23 a Umbertine, il 25 a Isernia, il 27 a Giulianova Marche, il 28 a Vasto.

Per informazioni: [email protected]

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -