Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 35
Dal 06/05/2024
al 13/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Elogio della precisione invisibile  
Da Pirandello, Roberto Bacci trae una grande prova d’attore per Cacà Carvalho ne La poltrona scura.      
di Gian Maria Tosatti      

Dopo aver debuttato nell’ultima residenza di Luigi Pirandello. Nel suo grande studio. Ha attraversato Milano, sponda Crt, un lavoro davvero particolare. E’ La poltrona scura, diretto da Roberto Bacci e interpretato da un grande attore brasiliano, Cacà Carvalho, che da molti anni ha stretto una preziosa collaborazione con la Fondazione Pontedera Teatro. Al centro di questa messa in scena assolutamente essenziale, conscia di ogni suo minimo dettaglio, stanno tre delle novelle nere di Pirandello, I piedi sull’erba, La carriola e Il soffio, in cui l’autore agrigentino espresse la sua vena più amara.

La scelta di Bacci è chiara e radicale. Mantenere intatto il corpo prosastico delle novelle. Non tradurlo in una scrittura teatrale. Si fa dunque una certa fatica nelle prime battute ad abituarsi al ritmo, ai cambiamenti di tono tra i brani narrati e le battute dei personaggi, ma dopo poco, pochissimo, come nei libri di Thomas Mann, si viene trascinati dentro il flusso fino a venirne letteralmente scossi.

Cacà Carvalho, è mattatore di una partitura precisissima, un vero spartito per attore che regola con misura i toni e i ritmi di un’esecuzione ardente nel ripercorre, passaggio dopo passaggio, gli attriti che quei testi provocano nel corpo e nella coscienza del proprio interprete. Davanti ad una riestretta platea c’è un attore che prova a compiere un affondo dentro se stesso cosciente che solo la fede assoluta nella propria tecnica potrà permetterglielo. Ecco allora Carvalho costruire un ponte con cui attraversare il fiume in piena pirandelliano, senza rinuniciare a bagnarsi. Un ponte assolutamente invisibile. Quello che gli spettatori possono vedere è l’apparizione, davvero, di uno di quei personaggi infuriati, puntigliosi, che lo stesso autore, in un’altra celebre novella, ci racconta arrivare nelle notti di lavoro proprio dentro il suo studio. Ma fuori metafora, nella recitazione di Carvalho, che attraverso la lezione del Novecento si richiama ai Salvini, Zacconi, Ruggeri, inseguendo segretamente l’ombra di Carmelo Bene, vediamo come lo stesso Pirandello, che quegli attori (ovviamente i primi) conosceva benissimo, doveva immaginare i suoi personaggi nello scriverli, seduto alla sedia, proprio lì, in un angolo, della propria scrivania.

La poltrona scura è un lavoro di cui è ingiusto dire molto se si confessa di esserne rimasti sorpresi, di avere ancora nelle labbra il sapore di qualcosa che si è toccato. Di qualcosa che c’entra con Pirandello e con l’umanità di un attore. Con la sua sfida, la sua scalata di tre testi (per lui tre porte), tesa tra i passi calcolati, gelidi, di un alpinismo perfetto e la curiosità infantile che punta alla vetta e trasforma il volto dello scalatore, lo fa un tuttuno col sorriso della montagna. Qualcosa insomma che ha a che fare davvero col Teatro.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -