Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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La resa dei conti  
Editoriale per iniziare un disocorso sulle trasformazioni della Tragedia Endogonidia.      
di Gian Maria Tosatti      

Dedichiamo questo numero (triplo) ad uno degli eventi che hanno segnato e maggiormente segneranno il teatro internazionale di questi anni. La Tragedia Endogonidia chiusasi in questa settimana a Cesena (città da cui prese l’avvio), può essere considerata come l’azione politica di un teatro che continua ad andare in cerca della propria radicalità. Un’azione riformatrice per certi versi, un’atto fondante. In tre anni il ciclo tragico dell’Endogonidia ha avuto uno sviluppo in parte previsto e in parte imprevisto. I conti sono tornati. La tragedia si è chiusa su sé stessa non come qualcosa di esaurito, ma come qualcosa di interrotto. Nella sua conclusione già la necessità di una nuova tragedia, perché tutto può esser detto di questo processo creativo, tranne che si sia trattato di un’azione definitiva. Quello compiuto da Castellucci è il primo passo, è la riesumazione della catena del dna tragico, che non ha niente a che fare forse con la Tragedia Greca. O meglio, il teatro tragico ateniese può essere considerato come la “circostanza” o l’effetto conseguente all’impianto di quel dna nel tessuto sociale di allora. Oggi tale “impianto” chirurgico nel tessuto del presente ha prodotto qualcosa di imperfetto, ma quasi in grado di auto-consistere.

A questo punto però sono molti gli interrogativi che si aprono in previsione di quello che sarà il vero impatto, ad oggi incalcolabile della tragedia. Il primo è quello economico-istituzionale, perché Castellucci col suo lavoro di “recupero” archeologico ha sollevato un problema sociologico fondamentale, ovvero quello del “ruolo del teatro nella società”. La sua riesumazione infatti non ha riportato alla luce un vaso di terracotta da mettere in un museo con buona pace di tutti, ma, come abbiamo detto, di una catena di dna, cioè qualcosa di vivo, un po’ come in Jurassic Park. La Tragedia Endogonidia dopo la sua gestazione di tre anni, il parto che abbiamo seguito di città in città per attraverso tutta l’Europa, è oggi un dinosauro che incede nelle nostre città. Può essere ignorato e reso innocuo, ma anche può essere nutrito fino a permettergli di smontare uno per uno i grattacieli che ingessano la coscienza della nostra civiltà.

Saranno dunque in molti chiamati a prendere posizione a riguardo. Coloro i quali degnamente o indegnamente amministrano il sostentamento del teatro e dunque ne determinano la crescita o la malattia, come anche gli artisti, che troppo spesso proseguono dritti per la loro strada senza alzare la testa a raccogliere i fatti determinati che altri “colleghi” mettono sul piatto delle possibilità. Oggi LifeGate Teatro, all’indomani della chiusura del ciclo, può proporre solo una cronaca di ciò che è accaduto. Una cronaca passo per passo. Al lettore spetterà il compito di costruire l’intera prospettiva.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -