Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Per un’aristocrazia dell’arte  
Ovvero: come rimettere ordine in un sistema dopato. Il caso Raffaello Sanzio.      
di Gian Maria Tosatti      

Ma un’uscita della Societas Raffaello Sanzio dev’essere per forza un capolavoro? La risposta è no! Assolutamente no. E un progetto come la Tragedia Endogonidia lo dimostra chiaramente. Undici capitoli e, in previsione, altrettante crescite. Undici Episodi o digressioni inseriti in un corpo dinamico ad autocoscienza progressiva che ha avuto fisiologicamente punti di buio, abbassamenti di pressione, mancamenti, capogiri. O meglio che si è voluto e potuto permettere punti di buio, abbassamenti di pressione e via dicendo.

La Tragedia Endogonidia, indipendentemente dal suo senso specifico, su cui si tornerà al momento opportuno, è stata una lezione fondamentale per il teatro di questi anni. Ovviamente anche questa, come tutte le lezioni, per essere appresa necessita di scolari diligenti, e in un ipotetico Istituto di Arti e Culture l’Italia attuale reappresenta una rattoppata sezione “f” riempita dagli scarti intellettuali della scuola, dai ragazzini spastici che bisogna pur farli diplomare e dai geni ribelli che danno fuoco alla lavagna o insultano i professori.

Questo per dire che probabilmente tale esperienza sarà accolta da tutti con quel senso di adorazione acritica che si deve al prof. Castellucci e compagnia (e famiglia), senza lasciare che essa lasci davvero una traccia profonda nel mostrare le lacune dell’attuale sistema-spettacolo.

Per entrare nel tema (e per uscirne più rapidamente possibile) si dirà che la Tragedia Endogonidia è stata il prototipo di un sistema produttivo basato sull’autonomia creativa degli artisti coinvolti e sulla coerenza progettuale. Tale disegno produttivo ha avuto conseguenze immediate nel proprio “anomalo” segmento di mercato. In un panorama che attualmente chiede agli artisti di produrre capolavori uno dopo l’altro, gli episodi progressivi dell’Endogonidia rimandavano l’attenzione dal prodotto finito alla creazione in fieri del prodotto, dunque dall’oggetto al soggetto autore.

In questo senso nei tre anni di lavoro alla Societas Raffaello Sanzio è stato concesso di produrre spettacoli poco chiari, spettacoli irrisolti in sé e per sé, o creazioni proiettate verso qualcosa di non deciso.

E’ vero che il fenomeno è più complesso di quel che sembrerebbe, ma in questa sede vogliamo rilevarne solo la superficie. Ovvero che tale “concessione” è stata fatta alla Societas Raffaello Sanzio perché forse essa rappresenta la più luminosa realtà teatrale del nostro Paese. Ne è prova il fatto che episodi della Tragedia inizino singolarmente ad avere un loro mercato. Il che è quasi assurdo di per sé. Nessuno degli Episodi è infatti una creazione indipendente, neppure i più “quadrati” come il Br#04 visto in questi giorni a Roma (e con all’attivo il maggior numero di date previste). E’ ovvio che acquistare l’intero ciclo tragico sarebbe uno sforzo al di sopra delle possibilità di qualunque teatro (?), per cui il valore riconosciuto al progetto e all’artista, nell’acquistare un “pezzo dell’opera” autonomo fino ad un certo punto e che certamente rimanda ad altro, fa sì che l'attuale (anche se bassa) circuitazione della Tragedia Endogonidia polverizzi in linea di principio la logica secondo cui il teatro di oggi vada in cerca del prodotto finito e chiuda i propri spazi al lavoro di quegli artisti che vogliano intraprendere percorsi complessi. (Sia detto che il circuitare dell’Endogonidia non funziona in realtà, perché dovrebbe essere maggiormente supportato. Lo spettatore italiano dovrebbe avere comunque la possibilità di seguire l’intero ciclo anche se in città diverse).

In verità visto il basso numero di episodi della Tragedia sviluppati o previsti in Italia (anche per ragioni economiche) preferiamo basare il nostro ragionamento sul sistema delle Crescite. Otto (per il momento) brevi digressioni tragiche quasi tutte italiane ed economicamente più alla portata dei cosiddetti operatori “sensibili”. Per le Crescite varrà lo stesso discorso fatto per gli episodi. Tenendo conto che i committenti quasi mai hanno idea di cosa produrrà la fantasia di Castellucci.

Dunque eccoci al punto. Le Crescite rappresentano un prototipo di mercato che sposta l’attenzione della committenza dal “prodotto” spettacolare al soggetto artistico e al progetto. Permettendo alle compagnie di ribaltare la relazione di sudditanza verso i modelli organizzativi imponendo agli operatori di seguire la propria linea. Una imposizione benedetta diciamo noi, ma che al presente rappresenta un unicum assoluto concesso ad honorem ad un gruppo di artisti il cui valore non si discute. Tuttavia ci piace pensare che il caso della Tragedia Endogonidia possa essere un precedente valido anche per quel numero ristretto di artisti italiani che al parti della Raffaello Sanzio, costituisce un’aristocrazia dell’arte, oggi ammanettata dal mercato e impedita a pensare i propri percorsi al di fuori della “produzione di spettacoli” (Diceva il buon Carmelo Bene, di cui proporremo a breve la santificazione, che “lo spettacolo è la morte del teatro”).

Per cui se la libertà concessa e conquistata da Castellucci ha prodotto in questi tre anni il più importante evento teatrale che gli ultimi decenni abbiano registrato, ci auguriamo che lo stesso possa accadere se altri (pochissimi) “nobili” della ricerca o del contemporaneo otterranno il ribaltamento del rapporto artista-mercato di cui sopra.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -