Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2024 NUMERO 37
Dal 13/05/2024
al 20/05/2024


Aggiornato il lunedì sera







Mandaci una mail ›







Per acquistare online i biglietti dei teatri a Milano:
Ciak
Smeraldo
Nazionale

Guerra da Guerra  
Il primo film di Pippo Delbono è un viaggio reale tra Israele e Palestina.      
di Gian Maria Tosatti      

E per il cinema dovrà valere anche lo stesso discorso che si fa per i teatri. I teatri, al plurale, come i modi, i perché, gli artisti, ognuno con la sua necessità, il suo teatro con parentele inutili se non insignificanti.

Allora non c’è la voglia di mettere etichette e forse dietro la stanchezza da iper-comunicabilità, si nasconde un po’ di gusto nel confondere le carte e lasciare che una pellicola, come uno spettacolo, sia un’esperienza privata. Niente di preconfezionato. Niente istruzioni per l’uso. Niente categoria o colore identificativo, giallo, noir, rosa… Così si riflette dopo la presentazione di Guerra, di Pippo Delbono, un film che non racconta. Un film che vede. Che sembra quasi nato per caso. E ne sono testimoni le decine di ore di girato da cui è stato tratto il montaggio finale.

La macchina da presa come un occhio stupefatto. Di fronte al quale si apre uno scenario non predefinito. Senza scene, copione, dialoghi. Senza sequenza stabilita. Gli occhi della macchina, e dunque gli occhi dello spettatore, come gli occhi di Pippo Delbono e della sua compagnia, aperti sugli scenari di Israele e Palestina.

Dicembre 2002. La Compagnia Pippo Delbono parte per il vicino oriente. Gerusalemme, Tel Aviv, Ramallah. Per portare Guerra, uno spettacolo. Per incontrare un popolo, due popoli. Non la si definirebbe una tuornée.

E’ un viaggio attraverso. Lungo le strade desertiche, nei teatri, sotto i portici delle città notturne. Ogni tanto s’incontra qualcuno. Ogni tanto accade qualcosa. La macchina lo cattura di sfuggita. Le parole dello spettacolo echeggiano nelle teste degli attori. Tornano alle proprie fonti. Come deja-vu davanti ad un’immagine, a una fuga.

L’occhio della macchina vede quello che gli attori vedono. Di tanto intanto si volge alla compagnia, ma raramente. Giusto per orientarsi, per essere sicuro di non essersi perduto. Un viaggio allora. Niente di più. Niente di meno.
Un cinema reale, come piace dire a Delbono.

A quest’opera prima, decorata con un David di Donatello e che ovviamente mostra le piccole debolezze di un debutto senza farle pesare, va la considerazione che si deve a chi nelle sue pellicole non mette solo in ordine le immagini, ma inventa domande per cercare uno sguardo.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -