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Dialogo settimanale su teatro e danza.
ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024 al 25/11/2024
Aggiornato il lunedì sera
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Visioni di Teatro |
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Una possibile modo di guardare Teatro di Terra, ultimo lavoro delle Ariette |
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di Gian Maria Tosatti
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CASTELLO DI SERRAVALLE (BO) - C'è una domanda che mi sono posto di fronte a Teatro di Terra, il nuovo (secondo) spettacolo delle Ariette. Come devo "pensarlo"? In esso si mostrano palesi le analogie strutturali con il precedente Teatro da Mangiare?. Il racconto ruota ancora attorno ad una situazione data di presentazione della propria vita, delle proprie scelte. La finzione, la fiction, quando c'è la troviamo come solvente ai punti ingarbugliati della verità.
Se guardassi allora a questo spettacolo con occhio freddo di critico mi scoprirei probabilmente perplesso. Mi direi che in fondo esso non aggiunge nulla di sostanziale all'esperienza che fu Teatro da Mangiare?, sia dal punto di vista dei contenuti che nell'evoluzione estetica del gruppo, eccettuato il fatto che il precedente era un lavoro a mio parere più compatto drammaturgicamente, meno didascalico in certi punti e maggiormente necessario come ogni atto originario. Se dunque mi avvicinassi così a Teatro di Terra andrei via quasi insoddisfatto, con l'attesa che il prossimo possa fugare i miei punti interrogativi.
Ma se guardassi davvero con tale occhio dovrei prima ammettere d'essere un pessimo critico, perché vorrebbe dire che ignorerei le regole del teatro. Ogni performance richiede un occhio differente e spesso la responsabilità primaria di un gruppo è quella di guidare lo spettatore verso la corretta attitudine alla visone. Se ciò è di solito ignorato dal teatro italiano, mi rendo conto essere invece preso in seria considerazione dal Teatro delle Ariette. Ci portano in casa loro, nella loro azienda bio-agricola, dentro il deposito del grano che funge da teatro, e lì ci fanno sedere in semicerchio davanti a tavolini ricavati da cassette per la frutta, mentre la zuppa fuma e formaggio e mandorle ci vengono offerti assieme al vino. Ecco allora che iniziamo ad entrare in un rito domestico, un racconto che in quest'ottica dimostra tutta la sua necessità, la necessità di un'esistenza.
Si riapre un dialogo con l'identità della terra, che è comune in tutti noi nelle nostre mitologie personali, familiari coi nostri nonni contadini. Si riapre con un linguaggio che recupera la più delicata poesia della bassa e si diverte a romperlo con uno sparo, un'immagine forte e poi ancora una frase in squisito accento emiliano.
Teatro di Terra in un'ottica che si sposa perfettamente con quella del "Teatro nelle Case", è un pretesto per incontrare individui, è un pre-testo, perché risponde ad esigenze antecedenti a quelle della comunicazione, a quelle del contatto, del confronto.
Per il pubblico è ancora una volta un'esperienza sincera, l'incontro, fondato sulla logica del dialogo, con una modalità altra di stare sotto le stelle. La forma perfetta allora è forse bene che non ci sia, potrebbe stancare, allontanare, come nelle case l'ossessione dell'etichetta.
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L’ultimo numero di LifeGate Teatro
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Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione.
Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -
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