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Dialogo settimanale su teatro e danza.
ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024 al 25/11/2024
Aggiornato il lunedì sera
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Interviste flash (conclusioni provvisorie). |
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Dossier AKSÈ: #5 - L’oggetto in questione.
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di Lorenzo Donati
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Dopo qualche settimana dalla conclusione dell’evento, abbiamo fatto una breve chiacchierata con alcuni dei partecipanti. Diamo spazio direttamente alle loro parole. Nate dopo il distacco con il gruppo, una riflessione a distanza sugli avvenimenti di Aksè.
Cosa ha rappresentato la settimana ravennate? Come è stato possibile far confluire gli strumenti personali di ognuno all’interno del lavoro collettivo? E ora, chiusi i battenti, che succederà? Ci saranno degli sviluppi? Sentiamo.
In ultimo, una postilla su chi è e come agisce Connection Voyeur (Lorenzo Donati, Chiara Alessi, Rocco Manuel Spiezio, Paolo Bernardelli), l’indispensabile intruso di Aksè.
Reggimento Carri: Roberto Corradino
È stato un momento molto libero sicuramente, fuori - fin troppo, niente corsivi mi raccomando questa è una confidenza - fuori dicevo da normalizzati schemi laboratoriali o d'incontro fra gruppi teatrali e quindi una riflessione, direi intima, sui meccanismi della creazione. Uno degli impegni minimi e massimi per il lavoro è stato quello della riduzione allo zero, quasi dell'inazione…
Lavorando, come ho detto nelle giornate di incontro, su una prospettiva abbastanza agli antipodi rispetto alla mia, partendo appunto io più dalla maschera - tradizione o codice, comunque la si intenda questa maschera - piuttosto che da un'analisi terminologica della grammatica teatrale, e avendo io come obiettivo stabile la verifica dell'attore in situazione
- leggi, addosso al pubblico – un eventuale secondo momento di Aksè dovrà obbligatoriamente concentrarsi su questo tipo di rapporto.
Vagamondi: Maria Costantini
Indubbiamente Aksè è stato un incontro. E, sotto certi punti di vista, uno scontro. Questo aspetto si è evidenziato nei momenti in cui il lavoro fisico lasciava il posto alle riflessioni sui materiali che avevamo proposto.
Più che mettere il mio bagaglio personale a disposizione del gruppo, direi che è successo il contrario: sono io che ho “rubato” dal lavoro di tutti! In questo furto, però, ho sempre cercato di mettere qualcosa di mio. Mi sono concentrata nel tentativo di portare in Aksè la mia decennale esperienza in campo teatrale. Trovo che il semplice fatto di incontrarsi e lavorare insieme, il fondamento di “Agorà”, sia un’esperienza arricchente per qualsiasi artista. Incontrando persone che condividono con te un percorso, ti si aprono spazi mentali che nel lavoro individuale sono difficili da rivelare.
Personalmente, sono già all’opera per costruire una sorta di Aksè “versione riminese”.
Coro: Enrico Caravita
Per il lavoro di Coro, oltre che un’apertura verso altri performers, si è trattato di una prova del nove, un mettersi in discussione confrontandosi con il lavoro di sala di altri.
È fondamentale, nell’allenamento comune, tentare di agganciarsi alle proposte e ai materiali degli altri, e interagirvi con i propri mezzi. Probabilmente questa è la scommessa che stava alla base di Aksè: io, Enrico Caravita, con alle spalle la mia esperienza d’attore, che “dialogo” a passi di danza con Marco Valerio Amico o con il gruppo Vagamondi.
Per un discorso di scambio, mi auguro che AgoràKajSkenè possa avere degli sviluppi futuri. Sarebbe interessante riproporre questa settimana con un numero più elevato di persone, in modo da aumentare la contaminazione. O sperimentare l’incontro con un pubblico che non ha deliberatamente scelto di vederci, qualcuno che si trova spettatore suo malgrado: in una piazza, per esempio. Credo che si aumenterebbe il rischio messo in campo.
Gruppo Nanou: Rhuena Bracci
Direi che non è possibile tirare le fila di quello che è stato Aksè: è un’esperienza appena iniziata. Si è trattato di uno scambio. Ma anche baratro, paura, vuoto, ansia, noia. Poi voglia di fare, di spendere, di riflettere. Insomma, tutto quello che sta attorno alla creazione! Aksè è stata la realizzazione pratica di quello che si sente dire da molti teatranti della nostra generazione: mancano gli spazi per la ricerca, occorre reinventarseli.
La “creatività” deve necessariamente partire da un azzeramento della tecnica, soprattutto se come in Aksè non ci si conosce prima. Era impensabile scambiarsi dei metodi: questa, forse, era la scommessa di fondo della settimana.
Le prospettive sicuramente ci sono, quali siano bisognerebbe chiederlo al “direttore artistico” Marco Valerio Amico. Per il futuro tenterei di restringere il campo, imponendosi dei limiti più chiari. Inoltre, sarà inevitabile la presenza di altri gruppi: Aksè dovrà qualitativamente e quantitativamente dilagare.
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L’ultimo numero di LifeGate Teatro
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Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione.
Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -
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