Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024
al 25/11/2024


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Qualche nota sulle performance  
Dossier AKSÈ: #4 - L’oggetto in questione.      
di Lorenzo Donati      

28 e 29 gennaio 2004. La settimana di Aksè si apre al pubblico. Il lavoro di sala di una settimana decide di fondarsi come oggetto fruibile da uno sguardo esterno.
Gli spettatori, intimoriti, rimangono sulla soglia di quello che pare essere lo spazio performativo: una sala a ferro di cavallo dalla quale si può “spiare” stando dietro a quattro grandi finestre. Qualcuno propone azioni fisiche: verticali, corse, passi di danza. Qualcun altro parla al microfono, emette versi, bisbiglia, biascica. All’improvviso, nella sala antistante, dove si raccoglie il pubblico, due danzatori assumono pose plastiche autoilluminandosi con un faretto. Chi guarda si rende conto che la performance abbraccia tutto lo spazio, non c’è più alcuna divisione netta. L’azione è spezzettata in tante microfrazioni, sta allo spettatore decidere dove posizionare la propria focale. Due attori passeggiano nello spazio, mentre un altro fornisce loro istruzioni al microfono: “esci di casa, chiudi il portone… torna indietro, controlla di avere preso le chiavi… ecc”. Dalle casse vengono pompati brani di variegata sorta: da Eminem a Whitney Youston. Altri due iniziano un dialogo coreografico: un terzo sollecita gli altri performers a unirsi al “corpo di ballo di Spartaco”. Viene portato un tavolo imbandito con vino e vivande varie: gli spettatori sono invitati a varcare i limiti del presunto spazio performativo per rifocillarsi. Nel giro di qualche attimo, con il pubblico che si avvicina al buffet, nella sala antistante è allestita una fila di poltrone: gli attori si accomodano, in un funambolico scambio di ruoli, a vedere lo spettacolo dello spettatore che mangia. Chi guarda chi?

Dietro a tutto questo, alcune scommesse radicali: invitare lo spettatore ad assistere a un evento che non è intenzionalmente uno spettacolo, sollecitandolo a riflettere sul perché Aksè sta proponendo qualcosa di insondabile, inetichettabile, indefinito, lontano dai “pacchetti preconfezionati” in voga in molti teatri odierni; tentare di sospendere le tradizionali categorie di giudizio estetico nella valutazione di un “oggetto teatrale”; rivendicare il diritto allo spreco produttivo di energie e risorse, la necessità di spazi dove compagnie giovani possano confrontarsi e sbagliare, se necessario; sperimentare una possibile durata dell’evento superiore ai suoi limiti cronologici, tramite re-invenzioni scritte e audiovisive.

Alcune di queste sfide sono già state vinte, a giudicare dalle contrastanti reazioni del pubblico (fra entusiasmo e disorientamento, mai indifferenza) e dalle attenzioni concordate al progetto dalle istituzioni locali. Per le altre, occorrerà attendere gli sviluppi futuri di AgoràKajSkenè (www.grupponanou.it).

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -