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Dialogo settimanale su teatro e danza.
ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024 al 25/11/2024
Aggiornato il lunedì sera
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Appunti della settimana |
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Istantanne dagli spettacoli di Rem & Cap, Lenz, Libera mente-Scene Mobili, Latella e RossoTiziano. |
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di Gian Maria Tosatti
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Un pezzo per cinque spettacoli. Solo alcune polaroid da una settimana romana dei cui eventi non ci sarebbe altrimenti possibile dare conto.
Si apre con Rem & Cap all’India. Passaggi. Per più di un ora un uomo ditto e uno piegato attraversano lo spazio. Venti attori ne producono infinite variazioni. Ma la direzione è una. Uno il punto di partenza come quello di arrivo. E’ uno spettacolo che chiede una volta di più allo spettatore di piantarla con la pretesa di imporre un proprio ritmo all’attenzione. Bisogna dare respiro. Cercare di mettersi in sintonia con la vista dilatata della metafora beckettiana sviluppata da Riccardo Caporossi con la maestria che gli va riconosciuta. E’ un’educazione all’immagine. All’attitudine allo sguardo e alla dimenticanza. Uno spettacolo in cui si conferma il valore sempre importante del progetto di officina che ha impegnato i due artisti in questi anni con decine di giovanissimi cui trasmettere non tanto una pratica, quanto un canale di interlocuzione con il Teatro.
Passaggio breve poi alla Sala Umberto per il breve festival sul teatro e disabilità diretto da Alvia Reale. Una tre giorni che ha ottenuto ottimi risultati. Ci siamo passati per vedere Ham-let di Lenz. Una ripresa unica. Fatta di luci e ombre. Per un lavoro che ormai ha qualche anno e forse non permette a tutte le attuali potenzialità del gruppo di esprimersi al massimo.
Alcune parole anche per Tre Sorelle, debutto registico di Lisa Ferlazzo Natoli con Libera mente e Scene Mobili. Un lavoro fresco. Nato da un laboratorio. Giovani interpreti in cui è visibile il lungo studio e una scrittura scenica che sembra aver assorbito con attenzione il testo cechoviano mantenendone gli equilibri drammaturgici. Tuttavia è da notare come tale spettacolo, che oggi super-produce energia, debba ancora trovare una propria “statica”, cioè il moto che regge il movimento.
Ancora una ricognizione per l’Edoardo II di Marlowe con la regia di Antonio Latella. E qui ci spiace dovercela sbrigare in poche righe. Ma per amore della democrazia diremo una volta per tutte che Antonio Latella (a parte certi sfondoni, stavolta, per fortuna, assenti), è un regista che il teatro lo sa fare e sa come funziona. A questo punto diremo anche che la storia del teatro non lo ricorderà, ma se è per quello anche Ronconi ci riententra di un soffio. In questo spettacolo, specie nel primo tempo, sa reggere l’impianto con grande mestiere (ricorrendo a volte a soluzioni facili), ma riesce in un’impresa ambiziosa. Gli danno una mano i suoi bravissimi attori, tra cui spiccano Danilo Nigrelli e Marco Foschi. Una nota va anche alla traduzione di Letizia Russo, dinamica e sintatticamente irruenta, che tuttavia cede in troppi punti ad ad un eccesso di “solvente” nelle soluzioni linguistiche dimostrando ingenuità contestuali che si integrano a fatica anche col restante corpo del testo. Insomma a parte qualche parolaccia di troppo, a una regina che ogni tanto sbaglia un congiuntivo si fa fatica a star dietro.
Ultima istantanea per L’arrobbafumu, di Francesco Suriano nell’allestimento di Peppino Mazzotta per RossoTiziano, visto nel nuovo spazio romano della Cometa Off. Una prova interessante per il drammaturgo calabrese, che tira le fila di alcuni discorsi iniziati in precedenza attraverso questo nuovo personaggio monologante. E se la scrittura appare più ammaliante che in passato, coi suoi contrappunti e la stringente coerenza narrativa, è il filo della lama che stavolta perdiamo troppo spesso e facciamo un po’ fatica a ritrovare lungo l’ora di racconto. Ad esaltare la materia testuale è però un Peppino Mazzotta questa volta veramente strepitoso. Impegnato in una prova di rigore assoluto nel dare movimento ad ogni sillaba del testo con molteplici variazioni e grandissima vitalità.
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L’ultimo numero di LifeGate Teatro
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Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione.
Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -
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