Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2025 NUMERO 12
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B#03 Berlin, tragedia dell’origine del mondo per Romeo Castellucci  
Il terzo episodio della Tragedia Endogondia del regista italiano      
Berlino, 15-18 gennaio 2003
di Brigitte Salino
     

Romeo Castelllucci si è femato qualche giorno a Berlino alla metà di gennaio, appena il tempo di presentare lo straordinario B#03 Berlin, terzo episodio della sua Tragedia Endogonidia, un progetto senza eguali che si sviluppa in tre anni su undici città d’Europa. L’italiano ha dato l’avvio a Cesena, base della sua compagnia nel gennaio 2002, poi in luglio è stato ospite del Festival d’Avignon per il secondo episodio. Dopo Berlino sarà la volta di Bruxelles, Bergen, Parigi e Roma. Così per il 2003. Nel 2004 sarà la volta si Strasburgo, Londra, Marsiglia, prima di ritornare a Cesena. Allora il ciclo sarà chiuso. La Tragedia Endogonidia avrà avuto il suo corso, una vita particolare e intensa, al pari del talento di Romeo Castellucci, una delle figure di punta del teatro di oggi.

La sua “tragedia endogena” non è unica solamente per la sua estensione, quanto piuttosto per la sua forma. Ogni episodio non è né un frammento, né uno spettacolo in se stesso. E’ l’insieme che conta e questo insieme si sviluppa come un organismo che si trasforma nel tempo. Un organismo vivente insomma, che nasce e prende forma nel corpo di una città. Ogni episodio è così intimamente connesso con il luogo in cui viene creato da portarne il nome: C#01 Cesena, A#02 Avignon, B#3 Berlin…

Gli undici episodi non saranno mai rappresentati uno vicino all’altro: bisognerà viaggiare per seguire il ritmo della Tragedia Endogonidia. Viaggiare come seguire un feuilleton la cui ambizione è in contrasto con le grandi produzioni europee che girano da un festival all’altro. Col suo desiderio di attraversare città cercando di lasciare tracce impossibili da ricomporre, la Tragedia di Castellucci disegna un’Europa infinitamente interessante, “endogena” per così dire, dove tutte le particolarità sono rispettate. In questo è il grande merito del progetto.

Immergersi nel mistero
Romeo Castellucci accompagna la sua creazione con testi particolarmente densi, nutriti da significati multipli. Si possono leggere o si può trascurarli. In ogni caso il risultato è lo stesso, vedere un episodio della Tragedia Endogonidia vuol dire immergersi nel mistero, questo mistero portatore di domande e di sogno troppo spesso assenti dalle scene attuali.

Appena sei mesi fa A#02 invitava gli spettatori ad entrare in sogno nel teatro delle origini, attraversando tre stanze, che sono altrettante tappe iniziatiche. In B#03 la “Tragedia endogena” si concentra su un oggetto, il mistero di una donna. Non è questione qui di cercare una qualche identificazione. Bisogna dimenticare e dimenticarsi per non essere più di uno sguardo di fronte ad un abisso. Cosa che non risulta difficile. Tutto dai primi istanti spinge a vedere nella sala di Hebbel, uno dei misteriosi teatri di Berlino, il mondo in sé. Comincia con una visione che si può raccontare perché appartiene ormai al ricordo: le porte dell’orchestra si aprono, gli spettatori avanzano. E scoprono che tutti i posti sono occupati da pupazzi di panno seduti con lo sguardo al sipario bianco, verso il quale i loro visi dalle lunghe orecchie animali sembrano fissi dall’eternità. Al pari di quest’immagine straordinaria è la forza del silenzio che si impone. Una forza tale che gli spettatori, catturati, restano al margine della sala.
Ecco che subito salgono in galleria, dove saranno uno scarso centnaio, non più, a puntare le proprie piccole orecchie vibranti verso il grande silenzio. B#03 è una tragedia per intimi, posta sotto il segno del bianco.

Ogni spettacolo di Romeo Castellucci è segnato da un colore. Qui è l’unicità del bianco che regna, un bianco lattiginoso e palpabile di cui ci sembra di poter vedere ogni particella. Questo bianco delle origini che si annuncia come una nube venuta dal fondo di un mondo galattico avvolge il corpo di una donna. Una donna senza nome che espolora la propria anatomia dalla pesantezza in un’insondabile solitudine presto popolata da strane figure incappucciate vestite con pelli d’orso che sembrano tramare la sua morte. Donna dentro una bolla, bolla di un corpo nella ricerca dell’altro e di sé: la Tragedia è qui quella dell’origine del mondo, tra il letto, il sangue, le lacrime e la pelle. Questo potrebbe essere successo un migliaio di anni fa nella profusione bianca della nascita di una cometa: Romeo Castellucci iscrive il teatro dietro un velo che maschera la scena, irradiante gli incubi e i sogni, il velo favoloso dell’inconscio.

Articolo pubblicato da "Le monde"
Traduzione a cura della Redazione Teatri di LifeGate

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -