Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024
al 25/11/2024


Aggiornato il lunedì sera







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Uno spettacolo indimenticabile per non dimenticare quegli eroi sconosciuti.  
Profondamente lucido e commovente il racconto di Ugo Chiti sulla resistenza in Quattro bombe in tasca.      
di Gian Maria Tosatti      

BUTI (PI) - Questa è la storia di un gruppo di eroi qualunque, una storia di figli divenuti padri di una patria fatta di uomini, di famiglie, di persone libere. Quattro bombe in tasca, di Ugo Chiti è la memoria di chi resta, il ricordo arido, come una ventata in pieno inverno, uno schiaffo tagliente e profondo nella carne e nella coscienza.

Così inizia, coi suoi protagonisti anziani, una sera che affonda nella bruma. Insignificanti, come ombre, vite ignorate, scavalcate, considerate già vissute da quelli che vivono oggi la stagione della giovinezza. Una parola, un nome e gli occhi dei due uomini s'illuminano, tornano ad aprirsi sugli scenari della Resistenza, una delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese, una delle ferite che continuano a sanguinare anche se si smette di parlarne.

A Buti, nello storico teatro Francesco di Bartolo, che sorge dove alla fine del Secondo Conflitto Mondiale passava la Linea Gotica, la compagnia Arca Azzurra, la cui prova merita di essere inscritta tra le più forti e coinvolgenti interpretazioni di questi anni, su un testo di estrema e poetica lucidità, ha fatto echeggiare le voci di quei soldati per amore della libertà che tra queste stesse colline combatterono per i loro figli, per i loro padri, per le loro case.

Così è in questa cifra intima che Chiti ci racconta il dramma di quei morti o di quei sopravvissuti, di chi pianse sulle tombe dei propri amici, di chi fu torturato e di chi andò al patibolo ridendo a viso alto.

Un racconto di ragazzi che non vuole sporcarsi con le interpretazioni di ideologie politiche che allora sui campi erano lontane. Molto più vicini i cuori delle donne le loro paure, i pianti, le violenze subite. Molto più preziosi gli uomini che hanno avuto paura, ma hanno combattuto per necessità rispetto alle bestialità degli scontri tra brigate.

Il Biondo e i suoi compagni col fazzoletto rosso e il fucile in mano, qualche pietra tra i denti e quattro bombe in tasca è allora l'omaggio ai padri di quelli che oggi vivono in tempi di pace stanca, una riflessione consegnata ai figli sulla guerra, un messaggio chiaro e incontestabile: la guerra non conosce vincitori, ma solo vinti, esseri umani in carne ed ossa, padri di famiglia, amanti, ragazzi di vent'anni che vanno al macello sotto la spinta sanguinaria del nemico, cioè di colui che per dirla con Brecht, parla del nemico.


L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -