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Dialogo settimanale su teatro e danza.
ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024 al 25/11/2024
Aggiornato il lunedì sera
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Guardatemi scompaio! |
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Dall’archvio: #1 - Esemplare prova di Estetica teatrale per Delbono che con Gente di Plastica crea un’opera di pura poesia tra riflessione intima e sociale. |
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di Gian Maria Tosatti
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Gente di plastica è uno spettacolo che nasce seguendo le opposizioni all'avanzata di una razionalizzazione schematica dei rapporti umani partendo dal modello della società americana degli anni '50 fino alla sua conseguenza più estrema e perversa della realtà odierna. Attraverso visioni feroci di interni seriali di famiglia in cui c'è sempre un testimone portatore, nella sua marginalità di corpo-maceria, di un'inquietante disincanto, assistiamo allo svelamento in processo della melma di cui sono fatti i nostri sogni.
Da questo sguardo globale parte la linea intima dello spettacolo, la riflessione del suo autore. In questa realtà Delbono allora, per dirla con Adorno, è il barbone, l’uomo delle visioni, la creatura al margine, la voce dalle note altissime che continua a ripetere il proprio grido nel fracasso degli spot esistenziali. Delbono non dice nulla agli spettatori, non dice, ripete, legge, cerca il senso della sua presenza nelle parole di Sarah Kane, pervertita, deflagrata, esposta nella fragilità della sua voce. Quando il teatro è vita. Quando la vita è necessità di teatro. Ne esce uno spettacolo spinto al fondo del dolore, dove l'immagine si distorce e il grido fa tremare le pareti del reale diventando con esse un caos pericoloso, l'immagine di un occhio trasparente attraverso cui vedere, l'apparizione di una porta che conduce fuori, dove si resta stupefatti di fronte all'imponente macchineria, la struttura che fa funzionare i nostri minuscoli paradisi privati.
In un lavoro che gioca a far perdere continuamente la trama tra il lato interno e quello esterno Delbono si sporca le mani con gli apparentemente innocui strumenti della manipolazione di tutti i giorni, della violenza subdola ed efferata perpetrata ora dopo ora, senza tregua, immagine su immagine, paradiso su paradiso, ad inculcarci un'identità di plastica, un'identità seriale e controllabile che si confonde con la profusione di silicone e sorrisi forzati dai volti tirati, mostruosi
Su tutto in controluce la sagoma di angelo zoppo della poetessa suicida. Entrare nelle sue domande, nel suo universo precipitante, esasperandolo e avendone cura sorreggendolo con la musica di Frank Zappa, costituisce per Delbono un atto d'amore.
Gente di plastica è la poesia che serve alla trasmissione dell'essenza di un messaggio crudele, un messaggio di risveglio per poter dire "Ho paura", solo "Ho paura" per una volta nell'assemblea del teatro.
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L’ultimo numero di LifeGate Teatro
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Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione.
Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -
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