Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024
al 25/11/2024


Aggiornato il lunedì sera







Mandaci una mail ›







Per acquistare online i biglietti dei teatri a Milano:
Ciak
Smeraldo
Nazionale

Materiali per un Teatro futuro: epilogo    
Glossario implausibile      
di Gian Maria Tosatti      

Introduzione:
A conclusione di questo ciclo di editoriali, scritti da chi certo ne sa più di me di teatro, di politica culturale, di danza, di lavoro quotidiano, mi pareva e mi pare implausibile comporre un epilogo, trarre una morale da un discorso che se lo si intende leggere o rileggere per intero i suoi punti cardine li tocca tutti.

Dunque non cercare di annodare le fila di un ragionamento a più voci in una voce sola, ma, al massimo, cercare di comporre un piccolo glossario per segnare i miei punti di chiarezza in quanto curatore e dunque primo (e appassionato) lettore di questa serie di scritti.

Scrivere un appunto sulle parole che mi hanno colpito. Appunti per un futuro ragionamento. Appunti per un Teatro Futuro.


PARATELEVISIVO: Una buona volta vorrei contestualizzare questo termine come si deve. Si usa spesso per definire forme d'intrattenimento teatrale che usano nuclei, stilemi, logiche di dialogo mutuate dall'intrattenimento televisivo. In questo senso il termine è parziale e perciò meno allarmante. Il contesto reale di questa parola non lo si trova "dentro" gli spettacoli, ma fuori da essi, indipendentemente da essi. Paratelevisiva è la logica del sistema distributivo degli spettacoli in Italia, non solo nei circuiti commerciali, ma anche e soprattutto nei circuiti dei Teatri d'Arte. Paratelevisiva è la schiavitù al consenso. Al numero dei biglietti. All'asservimento alla logica del "prodotto". Paratelevisivo è l'uso della parola "format" che si ripete incessantemente del segreto dei cervelli degli organizzatori, dei direttori artistici. Paratelevisiva è la vigliaccheria dell'audience, che in teatro c'è eccome e consiste nelle ragioni che giustificano il cambiamento di tendenza da un'auspicabile formazione del pubblico alla deplorevole diseducazione della cultura. Paratelevisivo è il disimpegno di tutti. E' la volontà di sopravvivere ai propri errori (o peggio la volontà di non compiere errori al fine di sopravvivere). Paratelevisivo è il Teatro Presente, che non c'entra niente col teatro antico e spero non c'entri nulla col Teatro futuro.

PARTIGIANO: Termine assai desueto e difficilmente riesumabile. E' di solito usato per definire i "controversi" combattenti oppositori del regime nazifascista nell'Italia degli anni bui. L'accezione in questo senso è parziale. Partigiano è colui che prende parte. Prende sulle sue spalle la responsabilità di una parte e ne difende (attaccando) il rispetto e la sopravvivenza. Partigiano è colui che porta la guerra nelle strade. Che col suo combattere una guerra civile smaschera una guerra sotterranea. Una guerra segreta che si combatte con armi di volta in volta diverse, ma con scopi spesso simili e consistenti nel controllo assoluto sul tessuto produttivo della società. Un partigiano è dunque un rivoluzonario o meglio un controrivoluzionario.

P.P. PASOLINI: Nome proprio di persona, soggetto di molti spettacoli maldestri, targa su strade della periferia siciliana. La definizione è parziale. Pasolini è un cadavere agghindato. E' una salma di Lenin nel salotto staliniano. E' una parola troppo pronunciata (fino a farla puzzare di giustificazione). Oggetto di feticismo mistico per una martirizzazione che si è sempre preferito leggere in chiave folclorica piuttosto che reclamarne le "reali" responsabilità.

NUOVO: Aggettivo. C'è un nuovo questo e un nuovo quello. C'è un nuovo teatro e una nuova lavatrice. Ma soprattutto pullulano le "nuove ondate", le "nuove generazioni". Errore assoluto. Nuovo è una condizione di precarietà e incertezza. Nuovo è quello che non so. Quello che non riesco a riconoscere. Nuovo è il nome che non so dare. Nuovo è quello che non esiste. Nuovo è la rivoluzione quando la parola rivoluzione è diventata una pazzia.

TEATRO: Nome comune di edificio vuoto (svuotato). La radice viene dal greco, ma io ho fatto lo scientifico e non mi ricordo che vuol dire.

EDITORIALE: Campo di battaglia in cui la penna può dare ferite più potenti della spada. E' contenuto in giornali, i quali sono retti dall'universo dell'opinione pubblica. Purtroppo quest'ultima è stata soppressa da tempo.

CONSERVATORISMO: Forma dialogica tra due parti. Una che decide e una che agisce di conseguenza. E' retto dal silenzio immemoriale e provocato dall'iperproduzione di non-sense.

FIASCO: 1. Forma bombata di bottiglie spesso avvolte in intelaiatura di vimini. 2. Nel linguaggio corrente s'intende per risultato deludente. Entrambi i significati affrontano la superficie del concetto senza attaccarlo al cuore. Il termine è strettamente legato a "Paratelevisivo" (vedi sopra). S'intende per passaggio obbligato verso il Nuovo (vedi sopra) che potrebbe far cadere teste di direttori artistici. In televisione si dà per trasmissione sospesa dopo la prima puntata senza che ciò dia scandalo, perché comunque non aveva né incontrato né scosso i consolidati gusti del pubblico.

PROGETTUALITA': Cristallizzazione di un movimento determinato da una "domanda" (da non intendersi in senso capitalistico). La si trova in rari documenti di anni passati e nelle intenzioni di giovani direttori artistici o addetti alla programmazione che oggi, invecchiati e ingrassati, siedono sulle stesse poltrone di allora. Al presente le si preferise un'impostazione di tipo consumistico immediato. Questo termine ricorre spesso nelle parole che "volant" e negli "scripta" che "manent" di assessori, capi dipartimento della cultura, che tuttavia ne hanno una accezione sconosciuta e contraddittoria. (Non siamo purtroppo riusciti a reperire il vocabolario dalla cui definizione l'hanno tratta).

CRITICA: Categoria umana antropomorficamente caratterizzata da una statura leggermente più bassa della norma. E' suddivisa in caste. I critici sconosciuti: scrivono su riviste e quotidiani pezzi di routine in cui al massimo descrivono parte degli accadimenti della scena. I critici donne: spesso casalinghe annoiate che si inventano un lavoro apprezzato nei salotti borghesi ai quali sono invitate. I critici conosciuti: non li si può prendere palesemente sul serio. Fanno uso di uno strumento estremamente delicato e necessario per l'ecosistema artistico. Spesso dimenticano di leggere il libretto delle istruzioni e l'allegato galateo. Facilmente prede di abbagli (un tempo determinati dal fascino delle prime attrici o delle ballerine, oggi, più gravemente, dal fascino "intellettuale" dei registi). Tendono a prendersi sul serio, ciò determina l'unico discrimine possibile tra i critici cattivi e quelli buoni.

FRANCE: Si traduce di solito con "Francia", ma la versione più corretta si dà con "Paese della cuccagna". E' un luogo in cui i "precari" oltre ad avere una quantità di diritti infinitamente maggiore della nostra possono permettersi di far saltare tutto il sistema dei festival se li si fa arrabbiare.

SPETTATORE: Singolo individuo che sostituisce progressivamente la propria curiosità con la propria perversione al giudizio. Di solito esce contento da spettacoli "imbecilli" che gli hanno cantato per filo e per segno la canzone che già sapeva prima di entrare in sala. Gira il pollice verso tutto ciò che non è immediatamente decifrabile, e che stimola la sua umiltà. Il grido di aiuto framassonico della categoria è "Ho pagato e vojo capì!". Tuttavia uno studio dettagliato sulla composizione dell'utenza teatrale ha evidenziato che la categoria "spettatore non coinvolto col mondo del teatro" (cioè chi non è studente Dams, attore, ex attore, critico, amico della compagnia, familiare, ecc...) ha un età compresa tra i 65 e gli 80 e frequenta gerontocomi in cui ogni turbamento è ben arginato dalla direzione sanitaria. Le eventuali sviste pericolose nel caso detonassero dopo il primo quarto d'ora di spettacolo vengono vanificate dal sonno dell'assemblea.

CONFORMISMO: Termine assai problematico che preferibilmente si evita di riferire all'operato dei teatranti. Ciò evidenzia un paradosso. Il conformismo è la più diffusa forma di relazione che il teatro stabilisce con il presente. Lo si ritrova facilmente nell'abbattimento dei direttori di teatri o di festival, nei piagnistei di alcune compagnie. Lo si smaschera nei discorsi che viaggiano sulle note di "oggi funziona così", " questa è la piega che hanno preso le cose". Gli sono asserviti tutti coloro continuano a restare attaccati al processo dissolutorio della cultura in questo Paese. E' riconducibile ad una logica conformistica ogni discorso di "vorrei ma non posso" . Chi non si piega a questa logica può essere definito "eretico" (per la glossa a tale termine rimando ad un articolo di Goffredo Fofi dal titolo Oltre l'arte, oltre la negazione, pubblicato sul numero 25-26 di LifeGate Teatro e reperibile in archivio editoriali).

Appendice doverosa: ringrazio di cuore tutti coloro che hanno aderito al progetto "Materiali per un Teatro futuro". Non solo gli autori degli articoli, Vincent Longuemare, Marco Martinelli, Virgilio Sieni, Massimo Paganelli, Mariangela Gualtieri, Giorgio Rossi, Goffredo Fofi, Roberto Castello, Silvia Fanti e Franco D'Ippolito. Ma anche chi ha dialogato con noi durante tutta la durata del progetto permettendo a questa rivista di assumere quella forma dinamica che gli abbiamo voluto dare e che è immediatamente riconoscibile nell'intestazione.


L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -