Dialogo settimanale su teatro e danza.

ANNO 2025 NUMERO 12
Dal 18/11/2024
al 25/11/2024


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Il dovere di non assecondarli    
Un editoriale.      
di Gian Maria Tosatti      

Scrivo questo editoriale un po' controvoglia, ma lo faccio per dovere.

Scrivo a riguardo di uno spettacolo in questa forma insolita, perché materiale per farne una critica vera non ho saputo trovarne. Eppure trovo ingiusto nei confronti del lettore tacere alcune impressioni che potranno servire come orientamento rispetto a quello che è stato montato come un caso internazionale.

Non spenderò molte parole. Solo mi premeva notificare l'impressione, dopo aver assistito ad After Sun di Rodrigo Garcia, che il successo mondiale di questo autore sia la testimonianza di quanto oggi ci si aspetti poco dalla cultura. Un poco mi rallegro considerando che non si tratta solo di una sindrome italiana, ma non credo che basti neppure per sorriderne.

Definito uno dei drammaturghi più fini e sorprendenti di questa generazione (il che non è detto sia un punto di merito...), l'ispano-argentino ha esibito di fronte al pubblico di 'Enzimi' due ore e mezzo di banalità agghiaccianti, farcite di retorica da supermercato nel volersi pensare provocatorie. Due ore e mezzo di testo vacuo, imbelle, addirittura auto-compiacente, in cui i picchi d'esaltazione corrispondevano, come in televisione, allo spogliarello dell'attore o dell'attrice. Tutto ovviamente privo di qualsiasi briciola di necessità.

Visto che si tratta di un artista di fama internazionale mi asterrò dall'attribuirgli un appropriato appelleativo, e lascio che sia il lettore a trovare una definizione calzante per un certo signore che vuol fare il ragazzo terribile solo per recitare una parte che gli aggrada, che dice peste e corna, provoca, maltratta animali in scena, solo per far sentire come sa ringhiare per noia. Gli avremmo potuto chiedere di farci il verso del maiale e non credo che l'effetto sarebbe cambiato. Per il resto non riesco ad individuare il minimo merito nell'essere riuscito a far togliere le mutande in scena ad una decina di persone del pubblico in un Paese che le braghe se l'è calate da un pezzo e nell'aver montato tre poesiole degne del meno graffiante Brunello Robertetti (al secolo Corrado Guzzanti) cui scippa anche la formula "adess' dich' un poesie". Riempiono i vuoti una moltitudine di improvvisazioni da laboratorio teatrale di base e la puzza degli hamburger cotti in scena. Questa roba non si può analizzare, vien da sé, ma si deve pur parlarne perché non si può continuare a far finta di niente quando le cose vanno male.

Il teatro è altrove verrebbe da dire, e la conferma sta tutta in platea, in cui la formazione completa dei nostri intellettuali da cineforum, sempre incredibilmente ansiosi di scambiare lucciole per "comete", approvava e rideva.

Ai lettori che dopo questo articolo passeranno la serata a casa, al transito di Garcia nella propria città, consiglio la lettura di Platone. Può darsi che tra un secolo arriverà la rivoluzione.

P.S.
Se il signor Garcia avrà da lagnarsi per il mio essermi sottratto a considerazioni tecniche più precise e specifiche, prego lo stesso, la prossima volta, di fornirmi degne argomentazioni nel cui merito la dignità del mio lavoro mi consenta di entrare.

L’ultimo numero di LifeGate Teatro
Pubblichiamo oggi, 30 marzo 2005 l’ultimo numero di LifeGate Teatro, settimanale di teatro e danza che per due anni e mezzo ha compiuto la sua attività editoriale all’interno del progetto LifeGate. Sono stati mesi importanti per noi. Abbiamo cercato di cambiare il modo di fare giornalismo teatrale. Di rifondare la critica italiana cercando di capire quale fosse il suo ruolo in questo presente storico. La nostra sfida non era riuscirci. Era provarci. E forse ci abbiamo provato piuttosto bene.
On-line rimarranno gli archivi di questi due anni. Il lettore “postumo” potrà trovarvi le tracce del nostro lavoro e certamente dei contributi utili alle sue ricerche sul teatro italiano contemporaneo.
Per il numero di chiusura avevamo chiesto ai nostri lettori di scrivere qualcosa su di noi. Alcuni lo hanno fatto. E pubblichiamo i loro piccoli, ma importanti, contributi nei due articoli intitolati Bon nuit. Altri, davvero molti, hanno preferito mandarci messaggi di carattere più strettamente personale, che scegliamo di non pubblicare. Ma li ringraziamo tutti. Quelli di cui riportiamo i commenti e quelli, troppi per poterli citare, di cui conserveremo gli appelli alla resistenza, che per noi sono stimolo di trasformazione. Per chiudere ci sembrava infine giusto puntare ancora una volta l’obiettivo su un problema centrale, quello che ha dato vita due anni e mezzo fa a questa rivista, ovvero la necessità di esigere di più dalla critica italiana. E un dovere degli artisti e noi ad essi ci rivolgiamo.
- Redazione Teatro -