Sul grande schermo
di LifeGate.








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Gothique    
Un lavoro che è anche un percorso attraverso l'integrazione tra suono e immagini, tra mondo virtuale e mondo tangibile.      
Regia di Valentino Szemere.
Musica di Manuel Rigamonti.

di Sergio Ragaini
     

Una fiaba, come tante ce ne possono essere. Una fiaba, con tutti gli stereotipi del genere: un mago cattivo, una fata buona, un viaggio in un tetro castello. Il tutto fatto molto bene, ma probabilmente, almeno come racconto, un qualcosa di già visto, di già sperimentato.

Quello che rende, a tratti, sorprendente il film del ticinese Valentino Szemere è la forma espressiva, il modo con cui il tutto viene raccontato o, ancor di più, il modo con cui viene messo in scena.

Da citarsi, come prima cosa, che si tratta di un video. E oggi fa piacere cominciare a vedere quanto questo mezzo si stia diffondendo, anche a un certo livello, soppiantando quasi la scomoda e poco maneggevole pellicola. Ormai, come già dicevo in un mio precedente articolo, il video è a livelli molto alti, e ancor più lo sarà in futuro, quindi, forse spingendo un po' oltre il discorso, potrebbe apparire inutile, a breve, utilizzare supporti costosi, scomodi e poco maneggevoli come la pellicola che, se ha regalato molto al Cinema, potrebbe finire (senza dispiacere, almeno mio!) soppiantata da tecnologie più veloci, agili e alla portata di tutti (un Dvd non richiede, ad esempio, sviluppo, e non ci sono "pizze" da portare in giro e che possono prendere luce). Poi, la produzione è quasi "artigianale". E la cosa è già molto bella, abituati al Cinema in cui gli effetti speciali sono costruiti con costosissime attrezzature, e con staff di grandi dimensioni.

Il modo con cui il regista costruisce questo suo lavoro fa capire la bellezza, e la grande capacità di manipolazione, che la tecnologia oggi offre davvero a tutti. Le riprese da cui parte il film, infatti, sono sovente cose girate per tutt'altro motivo, durante viaggi nel mondo del Regista e della sua famiglia. Tutto quanto si vede sullo schermo è frutto di integrazione totale tra virtuale e tangibile. I due mondi, infatti, vengono nel film a diventare un tutt'uno, a fondersi in maniera organica, senza possibilità di distinguerli.

La manipolazione digitale dell'immagine, ottenuta con semplici software di fotoritocco, ha permesso di trasformare completamente gli sfondi sui quali i personaggi si muovevano, unendo, anche qui, elementi reali con elementi virtuali, cambiando i colori, esaltando le tinte e ottenendo così, partendo da qualcosa che di per sé poteva dire poco, un quadro fantastico e irreale. Un passaggio interessante è stato quando si è fatto vedere come, da un'immagine di campagna ticinese con una chiesa sullo sfondo, si è ottenuto uno scenario particolarissimo, aggiungendo case, un castello, togliendo alla chiesa il tetto e così via.

Altre volte, invece, si è proprio ricostruita dal nulla la scenografia, facendo lavorare gli attori su uno sfondo blu, costruito in un capannone: il resto è stato aggiunto completamente in un tempo successivo da parte del computer, dando l'impressione che gli attori si muovessero su sfondi fantastici. In tal caso la virtualità era totale.

Anche i personaggi interagivano sovente con personaggi digitali, aggiunti successivamente. E qui, similmente, non si vedeva nessuna spaccatura tra il mondo reale e quello virtuale, ma i due mondi sembravano completamente compenetrarsi.

Le stesse rotazioni delle immagini, le panoramiche in agilità che avrebbero richiesto, altrimenti, costosi carrelli, sono state effettuate totalmente in modo digitale, sfruttando potenzialità che chiunque, oggi, può utilizzare. Qualcuno potrà obiettare che queste cose sono già state fatte e che, ad esempio, Spielberg in "ET" ha fatto ben altro, oltre 20 anni fa. È vero, ma quello che è interessante sottolineare qui è il fatto che chiunque, con mezzi tutto sommato economici, può manipolare un'immagine. Il farlo bene sta alla creatività dell'artista, creatività qui presente in modo piuttosto evidente.

Ma un discorso importante è anche costituito dalla colonna sonora, interamente composta da Manuel Rigamonti. Nel film i dialoghi sono quasi assenti, salvo poche frasi. La musica occupa ben 30 dei 36 minuti. Siamo quindi in un caso in cui la musica diviene parte integrante della narrazione.

Come in altri lavori, abbiamo un tema che, in taluni momenti della vicenda, si ripete, anche con diverse orchestrazioni ed elaborazioni. Un tema breve, ma incisivo, che mostra e fa avvertire un senso di movimento, di moto, e che lascia in sé una forte impressione di sospensione e una sensazione penetrante di indefinito.

A questo si uniscono altri temi. E anche Musica Elettronica, quella musica in cui è il computer il vero output musicale, nella sua capacità di elaborare i suoni, rendendo un prodotto molto diverso dal suono in entrata. Come nelle immagini, la fusione tra elettronico puramente acustico è totale. Anche quello che a noi appare come il suono di un'orchestra, infatti, è ottenuto puramente mediante elaborazione elettronica. Nella musica, quindi, come nelle immagini la virtualità, il mostrare una realtà costruita che appare come tangibile, è molto ricercato e, devo dire, l'intento è perfettamente riuscito.

Valentino Szemere, quindi, ha saputo portare sullo schermo la sua abilità di grafico, dimostrando che la virtualità non solo può essere arte, ma può essere, ormai, appannaggio di chiunque abbia un po' di spirito creativo. Ha dimostrato come dai nuovi mezzi tecnologici si possa ricavare poesia e Arte, e ha saputo mettere in scena un lavoro interessante per i contenuti ma anche, di certo, per la forma espressiva e per il modo con cui è stato raccontato.

Una lezione di certo al Grande Cinema, ma anche a chi fa fatica a disancorarsi da mezzi del passato, che hanno segnato un'epoca, ma che vanno superati per guardare avanti e capire che le nuove tecnologie, proprio per le loro caratteristiche, non vanno a bloccare una creatività artistica, ma piuttosto permettono ad essa di esprimersi nel migliore dei modi.

Cinema "Oltre il Cinema" di scena nei comuni della provincia di Como
Una rassegna di Cinema per "Andare oltre". Per guardare anche alla Società, a quello che ci circonda, con occhio attento e critico. Questo lo scopo della rassegna "oltre lo sguardo". Dal 9 ottobre 2004 al 28 maggio 2005, in diversi comuni del comasco, saranno proiettati film di qualità, uniti ad interventi di rappresentanti del mondo del Sociale i quali, prendendo spunto dal film, tratteranno tematiche spesso ignorate, ma degne di essere conosciute e valorizzate. Tessera dalla cifra simbolica, che dà diritto a tutte le proiezioni. Info: Coordinamento Comasco per la pace - www.comopace.org ; [email protected] Oltre lo sguardo - www.ecoinformazioni.rcl.it ; [email protected]
Addio Janet Leigh
"Sì, dopo aver girato Psycho non fece mai più la doccia. No, l’acqua non era fredda, Hitchcock si premurò perché la doccia gettasse acqua calda per tutti i 7 giorni di riprese necessari per la scena... Sì, lei era nuda sotto la doccia, ma in nessuna inquadratura, per quanto brevissima, si vedono i capezzoli: problemi di censura, in quel lontano 1960. Bisogna partire da lì, da quella scena - una delle tre o quattro più famose della storia del cinema - per raccontare la vita di Janet Leigh, morta ieri all’età di 77 anni". È morta "serenamente, a casa sua" l'attrice americana Janet Leigh. La notizia è stata data dal portavoce della figlia: Jamie Lee Curtis è stata al capezzale della madre insieme all'altra figlia, Kekky, e a Robert Brandt, secondo marito di Janet Leigh. Dal 1951 al '62 l'attrice era stata moglie di Tony Curtis. Tra i molti film interpretati, 'Safari', 'L'infernale Quinlan'.