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Il festival della Montagna di Trento ha saputo regalare immagini ed emozioni. Montagna, immagini, ma non solo.  
Atmosfere particolari e suggestive da gustare pienamente, e che rimangono dentro come sensazioni belle e positive.      
Trento, 1-9 maggio 2004
di Sergio Ragaini
     

Cinema, ma non solo. Cinema oltre il Cinema. Come il volare sopra le altre cime, andando davvero al di là di ogni cosa, vedendo dall'alto, e scoprendo che la realtà, da quassù, può essere bellissima.

Bello davvero il parlare di alte cime da parte del presidente del festival Italo Zandonella Callegher.

Bello, molto, il pensare ad una prospettiva ampia, che possa abbracciare ogni cosa, da un volo d'aquila, che può sovrastare le dimensioni usuali, portandosi verso nuove e stimolanti visioni.

L'inizio può essere, per alcuni, molto e forse troppo poetico, forse per qualcuno un po' strano. Ma credo che le parole sopra possano rendere molto bene l'idea di questa esperienza, davvero interessante, con punte di vera e grande suggestione, che è stato il Festival Internazionale della Montagna, svoltosi a Trento dall'1 al 9 maggio 2004.

La montagna è stata la grande protagonista di queste giornate, di questa rassegna, giunta ormai alla 52a edizione. Un festival maturo, imponente. E si vede. Quanto proposto ha davvero mantenuto fede alle aspettative. Personalmente preferisco non crearmi attese, quando vado ad una manifestazione cinematografica. In particolare, se non la conosco, come in questo caso, se non per quanto su di essa mi è giunto. Ma in questo caso non vi era, a priori, nulla di provato personalmente. Quanto ho potuto verificare è andato al di là di qualsiasi aspettativa, per atmosfera, interesse, stimoli culturali e umanità.

Montagna ma non solo. Verticalità, cime, vuoti, ma anche avventura ed esplorazione. Protagonista sempre l'uomo. Un uomo talvolta tra la gente, talvolta solo di fronte a sé stesso, ma sempre di uomo si tratta. E di umanità varia. Infatti, durante le proiezioni si spaziava dalle tradizioni trentine a quelle bavaresi, per un passaggio su un torrente impetuoso, ed un volo sopra le cime dell'Himalaia o delle Ande. Sino poi discendere di nuovo a terra, per incontrare scatenati appassionati di Mountain Bike, oppure prendere di nuovo il volo con un deltaplano. O semplicemente rimanere abbagliati da tradizioni che stanno scomparendo, da squarci di umanità dimenticati, ritrovandosi poi, un istante dopo, sul mare, nei pressi di Capo Horn, tra i ghiacci della Terra del Fuoco.

In poche parole, il Festival poteva regalare tutto questo (ma molto di più!). Oltre ad un flusso continuo tra presente e passato, proiettandosi verso il futuro con consapevolezza.

Nelle sale, il tempo pareva davvero non esistere. La percezione era che questa linea sottile che unisce il presente al passato, una linea che porta in sé la ricchezza di un cambiamento umano, questa volta potesse quasi chiudersi a cerchio. O ad elica, per ritornare verso qualcosa che si ripete, ma trasformato e forse arricchito da una maggior consapevolezza.

Belle, in alcuni casi, le immagini di ciò che era e che è, giocando anche sul colore. Anche dove tutto pareva uniformarsi, dove il bianco la faceva da padrone. Un bianco che a noi può dare gioia, come la neve che cade e tutto rende di un candore quasi irreale e magico. Ma quanta differenza per il bianco degli alpinisti, che si trovano in questo colore, dove la magica presenza di tutti i colori (che è appunto il colore bianco) può essere solo annullamento, annientamento, spesso morte. E contemporaneamente, quanto la montagna può essere un inno alla vita, alla bellezza, alla purezza di colori immacolati, a spettacoli mozzafiato, alla magnificenza più pura.

Ancora un salto, un volo, e ci si trova tra gli abitanti della Nuova Guinea. O attraversando il deserto australiano, per uno dei più bei film della rassegna. E poi a casa degli Sherpa, tra il Buddismo millenario, così distante dalla frenetica cultura occidentale, ma così ricco di saggezza, e dal quale la cultura occidentale è, spesso, solo un qualcosa di lontano, un granello in mezzo ad un oceano di bellezza.

Montagna come silenzio, intercalato, in sottofondo, dalle musiche dei luoghi, magari addirittura in Sanscrito. Per poi accelerare di colpo, a tratti con rumori di gioia, a tratti con i sordi tonfi delle valanghe, uniti, purtroppo sovente, alle disperate grida degli alpinisti. Per poi tornare ancora gioiosa e solare, dove il vento che soffia diviene una amico, ed è bello sentirne il canto melodioso. Un canto che poco dopo, o poco prima, può essere stato cupo presagio, un qualcosa che cancella, che spazza via tutto, che uniforma, che, da soffio di vita, diviene soffio che si oppone alla vita, che spezza il divenire, distruggendo ma al contempo creando ed equilibrando, in un eterno flusso della natura.

Perché questa è la Montagna. Una montagna, è emerso chiaramente, di fronte alla quale non si può barare, che ti mette a nudo. Una montagna di fronte alla quale sei te stesso, dove ti specchi solo nella tua vera natura. Una montagna che non perdona gli eccessi, le leggerezze, e le mette in conto, facendole pagare spesso duramente. Ma una montagna che può donare grandi emozioni.

La montagna che è però strettamente collegata all'Uomo. Un giovane regista, con il quale mi sono incontrato in questi giorni, sosteneva che l'aspetto umano è più importante della roccia in sé. Posso essere d'accordo. La roccia è anche grande perché c'è l'uomo. Quella "gente di montagna" forse a tratti un po' rude, ma così capace di grande umanità, di amore, di quello slancio umano che li porta davvero, metaforicamente, sulle alte cime, esteriori ma anche interiori, dentro ognuno di noi: basta scoprirle.

Un viaggio nelle immagini, nei suoni, nei colori e nei sapori. Ma un viaggio fatto anche di persone, di protagonisti. Impossibile, infatti, pensare al Festival della Montagna senza pensare a chi della Montagna ha fatto la storia. Achille Compagnoni, Lino Lacedelli, Reinhold Messner, Charles Houston, Erich Abram, Kurt Dienberger, sono solo alcuni dei nomi delle persone presenti a questa manifestazione. Ognuno ha mostrato, ma ha anche raccontato una vita. Una vita passata ad esplorare. Ancora su confine tra esteriore ed interiore, avventura può essere scoprire il proprio limite interiore. Andando oltre la paura, vedendone sovente le radici profonde, e sentendosi veramente uomini, per i quali il dominare il mondo dall'alto di una cima, o perché no, vedere davanti a sé la terra agognata dopo giorni di navigazione nell'"assoluto orizzontale" (contrapposto ma così vicino all'"assoluto verticale" montano!), è la felicità più grande, quell'apertura all'infinito che porta così al di là delle chiusure di un piccolo quotidiano, e fa respirare, per un istante, il profumo dell'assoluto.

Un festival che è andato, però, molto al di là delle immagini filmiche. Il K2 (Tema del festival) ha regalato moltissimo, a chi ha saputo viverlo fino in fondo. Ed era bello perdersi tra rassegne librarie ("Montagnalibri", la 18a Rassegna internazionale dell'Editoria di Montagna), incontri con i protagonisti, suoni e musica di montagna, spettacoli davvero belli, nei quali il sapore di tradizioni passate assumeva un grande valore lirico, che a tratti poteva divenire pura Poesia. E qui potevi lasciarti andare all'emozione, seguire la piacevole onda degli eventi e lasciarti cullare dolcemente da una brezza stavolta amica, che ti faceva volare, senza paura, sulle alte cime montane, tra un caffè letterario dedicato all'esplorazione o anche alla meteorologia ad una presentazione di un libro, ad un incontro in puro stile montano alla SAT, per finire ad una serata al Campo Base, centro di tutto il Festival.

Farsi cullare: complice anche, per alcuni, un leggero tasso alcolico. Anche per me, solitamente sobrio, era impossibile non lasciarsi tentare da dosi, comunque moderate, dei decantati Teroldego, Marzemino e Muller Thirgau. Basta non esagerare, e anche questo scioglie, elimina le troppe resistenze che impedirebbero di lasciarti andare davvero. E favorisce la comunicazione e le emozioni positive, che così, con un po' di allegria in più, tra qualche risata e momenti intensi e soavi, prendono corpo: e le cime sono vicine.

Ma dalle cime, come giustamente diceva il Presidente del Festival, bisogna prima o poi scendere. In tal caso, la discesa è stata lieve, posati dalla brezza che prima ci faceva volare, come una piuma che, dopo aver visto il tutto dall'alto, torna a terra. Ma con una maggior consapevolezza,

Per ritrovarsi, nel 2005, ai due poli del Mondo: Artide e Antartide, il tema della prossima rassegna.

Ma portando in noi, anche nel profondo, i bellissimi momenti vissuti, per i quali devo davvero ringraziare il Festival e chi vi ha lavorato. Ma anche tutta la città di Trento, che con calore ed ospitalità ha reso possibili queste giornate.

Riferimenti:
http://www.mountainfilmfestival.trento.it/
Il sito ufficiale della manifestazione, con tutte le informazioni, disponibili anche in Lingua Inglese.

Cinema "Oltre il Cinema" di scena nei comuni della provincia di Como
Una rassegna di Cinema per "Andare oltre". Per guardare anche alla Società, a quello che ci circonda, con occhio attento e critico. Questo lo scopo della rassegna "oltre lo sguardo". Dal 9 ottobre 2004 al 28 maggio 2005, in diversi comuni del comasco, saranno proiettati film di qualità, uniti ad interventi di rappresentanti del mondo del Sociale i quali, prendendo spunto dal film, tratteranno tematiche spesso ignorate, ma degne di essere conosciute e valorizzate. Tessera dalla cifra simbolica, che dà diritto a tutte le proiezioni. Info: Coordinamento Comasco per la pace - www.comopace.org ; [email protected] Oltre lo sguardo - www.ecoinformazioni.rcl.it ; [email protected]
Addio Janet Leigh
"Sì, dopo aver girato Psycho non fece mai più la doccia. No, l’acqua non era fredda, Hitchcock si premurò perché la doccia gettasse acqua calda per tutti i 7 giorni di riprese necessari per la scena... Sì, lei era nuda sotto la doccia, ma in nessuna inquadratura, per quanto brevissima, si vedono i capezzoli: problemi di censura, in quel lontano 1960. Bisogna partire da lì, da quella scena - una delle tre o quattro più famose della storia del cinema - per raccontare la vita di Janet Leigh, morta ieri all’età di 77 anni". È morta "serenamente, a casa sua" l'attrice americana Janet Leigh. La notizia è stata data dal portavoce della figlia: Jamie Lee Curtis è stata al capezzale della madre insieme all'altra figlia, Kekky, e a Robert Brandt, secondo marito di Janet Leigh. Dal 1951 al '62 l'attrice era stata moglie di Tony Curtis. Tra i molti film interpretati, 'Safari', 'L'infernale Quinlan'.